Il Linguaggio del Corpo: dal profiling alla menzogna

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Call for papers Urbinoir 2021

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Transmedial Noir – incroci di generi, nazioni e media

24-25-26 novembre 2021

Cari colleghi e amici,

non realizzeremo, come speravamo, la seconda parte di Urbinoir 2020 in presenza nel mese di maggio 2021. Tuttavia, abbiamo il piacere di confermare che il volume collettaneo dal titolo Talking noir. Suoni, rumori, voci, silenzi è attualmente in progress e sarà pronto per l’autunno 2021. Ringraziamo i curatori (Michele Bartolucci, Maria Messina, Giuseppe Puntarello); i membri del progetto Talking Noir (capofila Massimiliano Morini); e naturalmente la casa editrice Aras per continuare a portare avanti la Collana Urbinoir Studi.

Il tema di Urbinoir 2021 ha un duplice obiettivo. Da un lato, ispirandosi a un libro recente intitolato Transmedial Narration. Narratives and stories in different media (Lars Elleström, 2019), si rivolge a studiosi e appassionati di noir che vogliano approfondire la rete di rimandi, citazioni, cross-over, riscritture che è una caratteristica palese del genere: un genere capace di trasformismi, ibridazioni e adattamenti pur nel mantenimento di un’identità riconoscibile e definita. Dall’altro, si concentra su uno dei grandi protagonisti della scena letteraria italiana del Novecento, Leonardo Sciascia, nel centenario della nascita.

Si sollecitano proposte di interventi della durata massima di 15 minuti. Gli interventi potranno riguardare la letteratura ma anche il cinema, la storia, la sociologia, la psicologia e le scienze forensi. Inviare titolo e breve abstract ad: alessandra.calanchi@uniurb.it entro il 30 maggio 2021. Le proposte pervenute saranno valutate dal Comitato Scientifico, che darà una risposta entro il 30 giugno 2021.

Programma di massima:

Programma di massima:

mercoledi 24 (pomeriggio) – Sciascia Noirnoir. Omaggio allo scrittore nel centenario della nascita 

giovedi 25 – Transmedia Noir (interventi)

venerdi 26 (mattina) – premiazioni Haiku noir e Tradunoir; attivazione Premio Tullio Dobner; salotto letterario con presentazioni di libri

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I PASSI DI MIA MADRE di Elena Mearini

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Proposto da Lia Levi al Premio Strega 2021, questo nuovo romanzo di Elena Mearini non è un noir, anche se del noir conserva la sintassi quasi onirica dell’ossessione e dell’indagine e quella frammentazione che gioca fra significanti e significati per sottrarre continuamente al lettore l’unità di una possibile soluzione. 

Ci ricorda un po’ I miei luoghi oscuri di James Ellroy (1996), questo romanzo, anche se qui la madre oggetto della detection (quest?) è ancora viva o potrebbe esserlo. E anche se quello che più ci affascina resta lo stile della sua scrittura, uno stile unico, capace di commutare continuamente la poesia in prosa e la prosa in monologo per tornare al tono più lirico – un cortocircuito che si ripropone a ogni pagina, a ogni riga. 

Noi ospitammo Elena Mearini a Urbinoir a parlare di Undicesimo comandamento: uccidi chi non ti ama (2011) e ci piace vedere un filo che unisce i due romanzi, tra i tanti da lei scritti in questi dieci anni. Entrambi narrano un percorso di conoscenza e di liberazione che passa attraverso un’analisi spietata, quasi chirurgica, dell’anima. E narrano, entrambi, i luoghi oscuri dell’amore, l’amore che morde e che sbrana. A ricordarci che è proprio nell’abbandono, nella violenza subita, nel corpo svuotato, che si nasconde la chiave per riprendersi la vita. (a.c.)

I PASSI DI MIA MADRE, ELENA MEARINI, Morellini editore

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NON AMARMI per il Noir Festival

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Vi segnaliamo la visione di Non amarmi, che si potrà vedere in streaming (giovedì 11 ore 19) presentato al Noir Festival di Milano, che si svolge a Ancona e che ha come coprotagonista Ottavia Maria Maceratini, pianista di fama internazionale 
 
Questo il link per la prenotazione gratuita
 

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 Il mostro di Roma di Luca marrone

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 “Il mostro di Roma – Delitto, devianza e reazione sociale nell’Italia del Ventennio” Collana UrbiNoir – Studi / Aras Edizioni (pag. 204 – 20€)

Il mistero rimane irrisolto e il caso appassiona ancora. A oltre novant’anni dall’ultimo delitto, le vicende del “mostro di Roma” sono oggetto di studi e corsi accademici.  L’ultimo libro che si occupa della serie di omicidi e violenze sessuali che sconvolsero la capitale fra il 1924 e il 1927 è stato scritto da Luca Marrone, è intitolato  “Il mostro di Roma – Delitto, devianza e reazione sociale nell’Italia del Ventennio” ed è pubblicato nella Collana   UrbiNoir – Studi da Aras Edizioni (pag. 204 – 20€).   Il volume non è solo una ricostruzione delle terrificanti aggressioni avvenute ai danni di sette bambine fra i due e i sei anni di età, ma ci offre uno spaccato del contesto storico, del ruolo della stampa dell’epoca nell’esasperare i toni e generare un allarme sociale che potrà essere placato solo con l’individuazione di un colpevole.  Quando un sospettato finisce agli arresti, i giornali non hanno dubbi: il “mostro” è lui. E anche il regime dell’epoca  tira un sospiro di sollievo, presentando il risultato come un esempio di efficienza del sistema che garantisce la sicurezza dei cittadini.  I titoli cubitali occuperanno le pagine dei quotidiani nazionali più diffusi. Quando 11 mesi più tardi il poveruomo verrà rimesso in libertà, totalmente scagionato,  la notizia avrà spazi irrisori e il malcapitato ne uscirà con una vita devastata.   Quindi, di pagina in pagina, il libro ci fa entrare nelle atmosfere di quasi un secolo fa, ripercorrendo dinamiche,  contraddizioni, errori nelle indagini e pregiudizi che avranno punti in comune con tanti altri casi avvenuti nelle decadi successive.

 Luca Marrone è docente alla  Lumsa  di Roma e ha proposto il caso del “mostro” come materia di studio per gli iscritti al Master in Criminologia applicata e Psicologia forense.  Il materiale di quelle lezioni è stato revisionato ed è diventato il libro più recente quella catena di efferatissimi delitti  che negli anni Venti  del ‘900 sembrano scaturire più dalla penna di un scrittore di  crime stories  che non essere casi reali.  Marrone riporta le descrizioni dei giornali dell’epoca, le scarse testimonianze disponibili, analizza la realtà storica e il modo di agire degli investigatori.  Le indagini si muovono con grande incertezza.  Il possibile aggressore  è descritto in maniera molto vaga: vestito grigio, cappello nero.  La violenza che riversa sulle bambine sue vittime è disumana. Ecco perché le ricerche si concentrano su disadattati, emarginati, persone con forme di anormalità psicologiche, ma non portano a granché.  All’improvviso arriva la presunta svolta: una giovane domestica di una coppia benestante, lui ingegnere, lei elegante signora della borghesia romana,   riferisce di essere stata oggetto di strane attenzioni da parte di un uomo che le si era rivolto con la scusa di darle un biglietto.  Scatta la denuncia. Partono le nuove indagini.  La famosa agenzia Stefani, voce ufficiale del regime fascista, il 9 maggio del 1927 riporta: «Le incessanti, febbrili indagini per la scoperta degli assassinii di Leonardi Armanda e di altre bambine, condotte silenziosamente ma tenacemente sotto la personale direzione del Questore di Roma, sono state coronate da pieno successo (…). L’assassino, raggiunto da un cumulo di prove, che appaiono irrefrangibili, è stato identificato e arrestato. Egli è il mediatore Girolimoni Gino».   I giornali si buttano sulla notizia e consacrano il “mostro di Roma” con ricostruzioni e valutazioni che lasciano poco spazio ai dubbi, prima che qualunque giudice abbia il tempo di esprimersi.   E qui, il libro di Luca Marrone ci fa osservare il percorso che proprio in quel periodo conduce alla fine della stampa libera, all’informazione totalmente allineata con le esigenze del governo di Mussolini. 

Dopo undici mesi di carcere Girolimoni viene prosciolto dal giudice che smonta tutte le tesi accusatorie e le relative prove. Per l’innocente si tratta di  una magra rivincita: perderà amicizie e lavoro. Morirà poverissimo dopo essersi messo a fare il riparatore di biciclette e il ciabattino.  Si capirà dopo che era  stato effettivamente lui a cercare di avvicinare la giovane domestica della coppia, che aveva presentato poi denuncia.    Ma non per importunarla: Girolimoni era l’amante della moglie dell’ingegnere e tramite il biglietto che aveva tentato di dare alla domestica, voleva contattare l’elegante signora per fissare il prossimo appuntamento. 

Nel libro si parla anche di Giuseppe Dosi, appassionato lettore di Arthur Conan Doyle e fan di Sherlock Holmes.  Dosi è un giovane poliziotto che adotta metodi di investigazione innovativi per l’epoca.  Non crede che Girolimoni sia il “mostro di Roma”.  Concentra le sue indagini su un pastore anglicano e ne parla con il magistrato che poi proscioglierà Gino Girolimoni.  Giuseppe Dosi è un personaggio scomodo per il regime. Il pastore inglese, già denunciato per pedofilia, verrà dichiarato non in grado di intendere e di volere.  Riparerà negli USA e rimarrà fuori dal caso. L’ostinazione di Giuseppe Dosi genererà vari nemici, e  sarà addirittura lui a ritrovarsi per diciassette mesi in  una struttura di salute mentale. Verrà reintegrato nella Polizia solo dopo la caduta del fascismo. 

Luca Marrone ci fa scoprire come le tecniche di indagine odierne avrebbero affrontato il caso di “mostro di Roma”,  palesa le ingenuità commesse dagli investigatori dell’epoca,  ci fa capire quanto il contesto storico e sociale abbia avuto una pensate influenza  sull’esito delle indagini e la ricerca del colpevole.  Il potere dei media nel creare un certo “clima” attorno alle vicende di cronaca era  un potente strumento di condizionamento allora e rimane un fattore significativo anche oggi. La ricca bibliografia che chiude il libro edito da Aras  è una ricca fonte di spunti per chi si interessa di criminologia, psicologia e profiling.

Gabriele Cavalera

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Favole da riformatorio di Ugo Cornia

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Una raccolta di venti brevi favole, proposte dallo scrittore modenese Ugo Cornia, che prendono a prestito alcuni personaggi dalle fiabe classiche (da Cappuccetto Rosso a Pinocchio passando per il Gatto con gli stivali e Raperonzolo, che però qui è in compagnia di Cipollonzolo, Aglionzolo ecc.) e anche i classici animali che compaiono nelle fiabe per rappresentare, in modo caricaturale e talvolta grottesco, specifiche tipologie umane: dall’onnipresente lupo affamato (ma qui anche un po’ depresso e disoccupato) alla lontra, dalla gazza all’alligatore, dal millepiedi all’elefante – e non mancano specie meno comuni nel mondo delle favole, come il fennec, lo struzzo o il piviere. Ciascuno con i propri gusti e le proprie manie (anche di carattere sessuale, a differenza delle favole classiche). 

Quello che cambia, rispetto alle fiabe tradizionali, sono il contesto, molto più vicino agli ambienti e ai problemi del nostro tempo, e il linguaggio, emancipato e crudo, provocatorio e anticonformista, fin quasi al turpiloquio (un linguaggio, appunto, da riformatorio). Che in realtà è proprio quello che sentiamo ogni giorno e che un po’ tutti utilizziamo. Perché le favole classiche, che si continuano a ripetere sempre uguali, coi loro antiquati stereotipi, «sono piene di luoghi comuni che ti sviano da una comprensione corretta della realtà», come dice il fennec alla gazza. Talvolta le favole classiche si basano su certezze che non ci sono più, su stili di vita ormai obsoleti, e quindi potrebbero essere persino fuorvianti, ingannevoli, addirittura diseducative. Tanto che alcuni celebri personaggi delle fiabe preferiscono migrare in romanzi più recenti e reali, come i romanzi noir. È ciò che accade a Pinocchio, nella “Favola dei personaggi di favole famose che un bel giorno hanno voluto lasciare la propria favola per trasferirsi in un noir”. Questa favola, che è collocata come ultima, è in qualche modo emblematica, una vera chiave di lettura dell’intera raccolta. Pinocchio, infatti, è stanco di dover fare sempre le stesse cose da più di cento anni, di avere a che fare sempre con gli stessi personaggi (ormai datati nei modi e nel linguaggio) e con le stesse situazioni (ormai decisamente superate). Decide allora di fuggire dalla favola di Collodi per entrare in un romanzo noir (seguendo l’invito del Gatto e della Volpe, che hanno già fatto questo passo prima di lui). Perché «il noir sembrava più realistico, sembrava in grado di trasformare le cose losche che avvengono negli stati contemporanei molto meglio dei vari quotidiani». Inoltre nei noir si guadagnano soldi col traffico degli stupefacenti e le donne fanno sesso, addirittura si può guadagnare col mercato della prostituzione. Altro che la Fata Turchina, che non ha più niente di reale, o il Grillo Parlante, legato a principi obsoleti che nessuno è più disposto ad ascoltare. E allora, una favola dopo l’altra, personaggi tradizionali si trovano a vivere situazioni attuali, realistiche, magari crude ma vere. Lupi sfrattati o con la pensione  minima, che non basta per mangiare, alci disoccupate che si ammalano di depressione, Raperonzolo rapito dalla jihad agroalimentare, un gattino che voleva diventare il gatto con gli stivali ma non ha i soldi per gli stivali, una pecorella smarrita e un lupo emarginato, una vecchia cicogna che ha sviluppato un tale «sentimento dell’estrema tragicità dell’esistere» che per risparmiare lo straziante dolore della vita decide di sopprimere le creature prima della nascita. 

E non manca la morale: ogni favola ha qualcosa da insegnarci, e per giunta qualcosa di attuale, legato ai nostri giorni e espresso con il linguaggio corrente, non con quello dei tempi di Esopo o dei fratelli Grimm o di Collodi. Un esempio per tutti, sia per la morale che per il linguaggio: la favola dello struzzo che ogni volta che mette la testa sotto la sabbia viene inculato da qualcuno (sic), che lui ovviamente non riesce a vedere. Un linguaggio piuttosto crudo, ma di una chiarezza esemplare. E la morale è evidente, e realisticamente noir.

Gian Italo Bischi

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