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Call for papers – URBINOIR 2017

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22-23-24 novembre 2017

Doctor “Giallo” e Mister Noir da Lombroso al criminal profiling

Le svolte che la mente affronta durante il percorso di evoluzione sono il prodotto continuo di scelte in reazione all’ambiente esterno – famiglia, amicizie, rapporti lavorativi, stimoli culturali, relazioni umane. Riguardano non solo il mondo esterno a noi ma anche il corpo e il mondo intrapsichico. L’approccio scientifico multidisciplinare è alla base della criminologia, che riceve gli apporti delle scienze dure come la biologia e la genetica, le scienze della psiche, il diritto e lo studio dell’anima promesso dalle scienze letterarie. Ma come si forma una mente criminale? E come viene rappresentata nella scrittura e nelle arti? Il romanzo di investigazione nel corso del Novecento è sempre più orientato allo studio della psicologia dei criminali piuttosto che alle prove fisiche, oggettive, che possono essere anche falsificate e quindi provocare errori. L’investigatore cerca prove più scavando all’interno della personalità dei personaggi che nelle tracce lasciate. URBINOIR 2017 sarà dedicato alla psicologia, ai lati oscuri della mente e alle implicazioni di tipo legale, giuridico, clinico nell’universo letterario, artistico e cinematografico. Si accolgono contributi su temi quali lo sdoppiamento di personalità, il doppio inteso come immagine speculare dell’investigatore che si immedesima nel criminale (e viceversa), il criminal profiling, l’evoluzione moderna delle neuroscienze e loro utilizzo in campo investigativo, le influenze della psicanalisi sul noir.

Si prega di inviare titolo dell’intervento proposto e breve abstract entro il termine perentorio del 15 maggio a:

alessandra.calanchi@uniurb.it                         giovanni.darconza@uniurb.it

Call for papers 2017 Urbinoir

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His everlasting bow l’ultimo nato in URBINOIR Studi

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In uscita in questi giorni l’ultimo nato nella collana Urbinoir Studi di Aras Edizioni.  His everlasting bow un’opera collettanea curata da Alessandra Calanchi e Stephen Knight è una raccolta di studi sherlockiani con contributi di diversi autori: Valerio Viviani, Gabriele Mazzoni, Caterina Marrone, Enrico Solito, Stella Mattioli, Enrico and Fabio Petrella, Alessandra Calanchi and Nando Gazzolo, Marco Grassi, Luca Sartori, Gian Italo Bischi, Raniero Bastianelli, Matteo Bischi, Ruben Costa, Luisa Fanucci, Elena Garbugli, Adele Guerra, Francesca Secci, Stefano Serafini. Acquistabile on line su IBS 

 

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Le arti visuali a Urbinoir

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Urbino si tinge di nero.

A partire dal 22 novembre 2016 la Biblioteca Leone Traverso ha ospitato alcune conferenze della manifestazione Urbinoir, quest’ anno intitolata “Trilli Diabolici e Nature Morte: Crimes for Art’s Sake”. La professoressa Bonita Cleri è intervenuta mercoledì 23 novembre con il seminario “La clessidra e il teschio, il tempo e la morte”. Cleri ha subito messo in evidenza il punto di contatto tra il genere Noir e le rappresentazioni pittoriche di natura morta. Si può considerare questo tipo di pittura come esaltazione del “Silentium”, ovvero occasione per entrare in contatto con se stessi. Tra i soggetti ritratti in opere di questo tipo ricorrono per esempio la clessidra e il teschio: la clessidra come simbolo dello scorrere inesorabile del tempo e il teschio come emblema della morte. Un affresco pompeiano con la rappresentazione di un teschio attesta le origini antiche di questo filone artistico. Non è chiaro se questo genere sia di origine italiana, fiamminga o nord europea. Durante il XVII secolo l’Italia conosce un notevole sviluppo delle opere raffiguranti natura morta. Cleri ha portato all’ attenzione dei presenti il dipinto “Canestra di frutta” di Caravaggio. Si tratta dell’unica opera in cui l’artista raffigura una natura morta come soggetto principale. In tutti gli altri dipinti la natura morta è parte di un altro elemento contenutistico, come quello religioso. Un esempio è “Cena in Emmaus” in cui è rappresentato un canestro di frutta sul bordo del tavolo.  Caravaggio mette la sua arte in un dipinto di natura morta tanto quanto in quelli in cui ritrae dei personaggi. Un altro esempio di questo genere di rappresentazioni si trova all’interno dello studiolo del palazzo ducale di Urbino. In questo caso la natura morta è rappresentata da uno strumento musicale appoggiato sul tavolo, strumento che rappresenta la musica, ma anche l’armonia e la contingenza di quello che ci affascina in un determinato momento. Nel corso del ‘600 sono spesso rappresentati soggetti che riguardano il cibo, come una sorta di esorcizzazione della carestia diffusa in quel momento storico. Anche l’elemento floreale è un soggetto tipico della natura morta. Fiori destinati ad appassire velocemente e che ci ricordano la caducità della vita, la “Vanitas” del libro biblico di Ecclesiaste, libro in cui il re Salomone riflette su quanto tutto nella vita sia passeggero. Cleri ha sottolineato la differenza tra il sentimento che voleva suscitare questo tipo di dipinti rispetto ad altre opere. Infatti, mentre i quadri di natura morta erano destinati a occupare un posto in un tinello o a fianco di un inginocchiatoio come elemento che favorisse la meditazione, altre opere di quel periodo avevano a che fare con un godimento di tipo corale anziché privato. Tra gli altri soggetti rappresentati ci sono elementi fragili come vasi di vetro, bolle di sapone e candele che si spengono, sempre a indicare lo scorrere della vita che passa e non torna più. Anche pittori della storia contemporanea hanno rappresentato soggetti di natura morta: uno tra questi è Picasso. L’intervento della professoressa Cleri si è concluso con un’ ironica provocazione, quella del teschio incrostato di diamanti. Si tratta di una scultura dell’artista contemporaneo Damien Hirst. Il suo teschio non ha niente a che vedere con la natura morta e la riflessione sul tempo. È un’allusione al mondo del consumismo. Stesso protagonista, ma con una storia diversa.  Questo intervento da parte della professoressa Cleri è stato utile per confermare che non esistono confini disciplinari, le riflessioni e i sentimenti evocati dalla letteratura Noir si possono osservare anche da un punto di vista artistico. Valentina Ricci

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A Urbinoir si torna sempre

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GEMELLAGGIO URBINOIR E FESTIVAL GIALLO GARDA

Ovvero, “The created IS NOT the creator” Sono tornata con molto piacere per il secondo anno consecutivo all’evento Urbinoir e al contrario di quanto spesso viene detto quando si partecipa a una manifestazione a cui già si ha già avuto modo di assistere non è venuto meno quel senso di meraviglia e curiosità propri dello spirito bambinesco che caratterizza la nostra esistenza. Sembra infatti che molte cose siano banali soprattutto al giorno d’oggi, in cui vi è un senso di disincanto e disillusione totale per ogni minimo elemento, in cui le persone sono sempre alla continua ricerca quasi mai conclusa con successo di un bagliore, di una scintilla che le possa smuovere dal loro torpore quotidiano. Ed è per questo che piace anche lo scandalo suscitato da programmi televisivi privi di senso che ci possano fare uscire dal nostro vivere quotidiano. Mi verrebbe da dire, pensando proprio a Urbinoir, che ognuno di noi ha uno Stewart dentro di sé, il protagonista de: “La finestra sul cortile” di Hitchcock che trova una via di fuga dalla noia della vita grazie ad una banale finestra che si affaccia sul suo cortile. Ebbene Urbinoir non è nulla di tutto questo, non è né scontato né già visto. Prevedo di non stupire nessuno con queste mie parole (forse anche queste sono banali) per l’introduzione a un evento in cui, tra i diversi interventi, vi è anche quello di Giulio Segato, un giovane studioso che pone al centro della sua discussione Hopper, pittore americano del 900 che “può essere studiato da diversi punti di vista, tra cui il principale è quello di pittore metafisico”. Il focus su questo artista è proprio dovuto al fatto che può essere considerato un pittore noir, termine c he ci fa sorridere ma che ci fornisce la giusta visione di come questo genere abbia contaminato ogni tipo di arte dai romanzi, al cinema e perfino alla pittura. Ma prima di discutere di questo aspetto, è importante spendere qualche parola su Giulio Segato per non dare ragione a Flaubert, che diceva che “L’homme c’est rien, l’oeuvre c’est tout”. Un ragazzo discreto e visibilmente emozionato, che proprio per questo mi ha subito ricordato i detective dei tanti romanzi noir, impacciati ma molto intelligenti e che sanno portare dalla loro parte ogni lettore, data la simpatia che li contraddistingue. Segato ha fornito un interessante excursus delle opere di Hopper caratterizzate da elementi noir come “Night on the El train” (1918) e “Night Shadows” (1921), in cui è presente il tema della solitudine urbana e che ricorda The Maltese Falcon (film del 1941 di John Huston). L’intento di Hopper, come ha spiegato Segato, era quello di rappresentare ogni notte e ogni uomo nei suoi quadri ed è proprio questo senso di universalità che mi piace di questo artista. La cosa bizzarra è stata che la sera stessa della manifestazione mi sono imbattuta, in uno dei pub di Urbino, proprio nel dipinto di Hopper “Night Hawks” presentato da Giulio Segato ma mai visto fino a quel momento forse per la superficialità con cui il mio sguardo si perdeva nel guardare intorno a sé senza focalizzarsi su un punto in particolare. Credo che lo scopo del suo intervento sia stato proprio quello di portare alla luce un artista così importante ma che al tempo stesso non tutti conoscono e dotare i neo appassionati al genere come me di uno strumento nuovo attraverso cui scrutare la realtà del noir. Devo dire che quello che più mi ha colpito è stato il generale clima di amicizia che si poteva percepire nella stanza tra la professoressa Calanchi e i vari ospiti tra i quali era presente anche il prof. Andrea Nonfarmale, presidente della manifestazione Festival Giallo Garda con cui Urbinoir ha stretto una sorta di gemellaggio. Per concludere è d’obbligo aggiungere che anche quest’anno l’evento è stato organizzato in maniera impeccabile e con grande cura per ogni dettaglio, mettendoci cuore e passione e mi sento di andare contro quello che sentenziava il caro vecchio Doyle con “the created is not the creator” perché in questo caso credo proprio che il risultato rispetti proprio le persone e lo spirito con cui è stata presentata questa meravigliosa manifestazione che spero continui ancora per molto tempo.  Angelica Santi

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