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Cyber crime e dintorni

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Mercoledi 25 Novembre 2015, presso l’aula rossa del Battiferri si è tenuto, a pomeriggio inoltrato, un seminario riguardante l’informatica ed il lato oscuro della rete. Durante il dibattito finale, seguito dalle domande del pubblico, la professoressa Alessandra Calanchi commentando ciò che era stato appena detto, ha citato “Un segno nello spazio” di Italo Calvino; catturando la mia attenzione. Premetto che non ho mai letto la raccolta da cui questo racconto è preso, ma sicuramente aggiungerò Le cosmicomiche alla lista dei libri da leggere. Quello che segue perciò, è solamente un sunto delle informazioni trovate su internet. Nel 1965 esce la raccolta di racconti Le cosmicomiche. In quest’opera Italo Calvino unisce i suoi interessi scientifici a quelli letterari, accumunati da un problema di fondo: il bisogno dell’uomo di conoscere e comprendere il mondo. Il titolo mostra la capacità dell’autore di sintetizzare due generi letterari, quello fantastico e quello comico. Calvino in questa raccolta si interroga sulla realtà, sul senso dell’esistenza e sull’essere uomo attraverso suggestioni fantascientifiche. Il punto di partenza dei racconti è sempre la breve esposizione di una teoria scientifica sull’universo, che viene poi sviluppata con umorismo nella storia. Protagonista di tutti i racconti è Qfwfq, personaggio il cui nome richiama un essere bizzarro e misterioso. Nel racconto “Un segno nello spazio”, Qfwfq decide che vuole lasciare una traccia di sé. E cosi, preso da una travolgente ispirazione, traccia un segno nello spazio. E intanto il Sole continua la sua rivoluzione intorno alla Galassia, e mentre il segno lentamente si allontana Qfwfq conta i millenni, i secoli, gli anni e persino i secondi che o separano dal rinnovato incontro con quella parte di sé. Fantastica sul momento in cui rivedrà il suo segno, dopo un’intera rivoluzione, la prima traccia che qualcuno ha lasciato di sé. Immensa è la delusione quando, dopo una lacerante attesa, Qfwfq scopre il suo segno cancellato e scarabocchiato, dalla mano di qualcuno che di certo voleva contraddirlo. Si dispera, il protagonista si dispera e non si dà pace. Si chiede: “Perché tanta cattiveria?”. Una domanda che Qfwfq e Calvino si pongono, e qui probabilmente l’intento celato, di denunciare l’asprezza immotivata dell’invidia, il plagio, un argomento sensibile all’autore. Ma non è solo questo il tema del racconto, centrale è anche il desiderio dell’uomo di lasciare una traccia di sé, di farsi ricordare, di ritrovare se stesso nelle orme lasciate durante il cammino. Il segno si riempie di significati simbolici molto più profondi, unica possibilità dell’uomo di farsi ricordare e insostituibile mezzo per affermare la propria identità. E il problema dell’identità, che è emerso più volte durante il convegno, è molto attuale in un’epoca di alias, profili, selfie e identità digitali. Giovedi 26 Novembre 2015, presso la Biblioteca di Lingue, ho avuto la possibilità di ascoltare l’intervento di Elena Garbugli circa il Cyber Crime. A mio parere, il tema è stato trattato in modo davvero originale, la giovane traduttrice (ex-studentessa di Lingue a Urbino), infatti, ci ha introdotti al discorso attraverso l’analisi di una nuova serie tv CSI: Cyber (USA, 2015). Ma che cos’è il Cyber Crime? Un crimine informatico è un fenomeno criminale che si caratterizza nell’abuso della tecnologia informatica sia hardware sia software. Alcuni crimini in particolare sono finalizzati allo sfruttamento commerciale della rete[1], a porre a rischio i sistemi informativi di sicurezza nazionale[2]. A livello internazionale, molti governi e agenzie non governative investono risorse nello spionaggio, nella truffa e in altri crimini transnazionali che coinvolgono interessi economici e politici. La difesa sociale internazionale è impegnata nell’individuare e denunciare tali attori alla Corte Internazionale dell’Aja[3]. (Fonte:Wikipedia) In altre parole, il Cybercrime non è altro che il vecchio crimine con armi nuove: l’obiettivo rimane il denaro, indipendentemente da chi bisogna colpire per ottenerlo. Tutti siamo possibili vittime, basta essere connessi al web. Spulciando su Internet ho trovato i cinque attacchi informatici principali avvenuti nel periodo 2014-15 nel mondo.   JP Morgan Chase – La nota banca americana è stata oggetto di un attacco particolarmente sofisticato, che ha causato la sottrazione di circa 79 milioni di record (dati personali e password) dei propri clienti. Il «trampolino di lancio» dell’attacco è stato un server poco usato e quindi trascurato.  Korea Hydro & Nuclear Power – Un hacker solitario è penetrato nella parte business della rete dell’operatore nazionale per l’energia della Corea del Sud, sottraendo e diffondendo una grande quantità di dati tecnici sugli impianti, in particolare su tre reattori nucleari, dei quali l’attaccante ha richiesto la chiusura. L’azienda energetica ha ribadito che i sistemi di controllo dei reattori non sono stati compromessi.  Target – La catena di supermercati Usa, pur avendo installato dei sistemi avanzati di protezione, non ha reagito tempestivamente alla segnalazione di un attacco in corso inviata da Bangalore. Di conseguenza è stato perso tempo prezioso, che ha consentito la sottrazione di circa 40 milioni di carte di credito dai Pos dei punti vendita. L’attacco ha causato all’azienda perdite stimate in un miliardo di dollari.  eBay – La nota piattaforma di eCommerce è stata violata, e gli attaccanti hanno compromesso un database, sottraendo 145 milioni di record, contenenti dati personali e password criptate. L’azienda ha immediatamente invitato tutti i propri utenti a cambiare password.  Sony – L’azienda giapponese è stata pesantemente compromessa, il che ha portato (fatto inaudito, dicono gli esperti) a disattivare l’intero sistema informatico aziendale per quasi tre giorni. Ciò nonostante, oltre al blocco dei sistemi sono stati trafugati 38 milioni di file, tra cui 10 anni di mail, stipendi, numeri di social security, film ancora non usciti, ed una serie di documenti riservati a vario titolo imbarazzanti o sensibili, oppure addirittura relativi ad altre aziende.  In Italia invece, il Gruppo Benetton ha dichiarato di aver subito un attacco informatico con cui sono stati sottratti i bozzetti della collezione di abbigliamento «0-12», poi gli abiti sono stati replicati e finiti in vendita in alcuni negozi siriani. L’azienda ha dichiarato che «i danni sono stati limitati, sia quelli effettivi, sia quelli potenziali».   Sara Quaranta

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La sicurezza della Rete

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Ho avuto il piacere di partecipare ad alcuni degli incontri previsti dal programma di Urbinoir e sono rimasta particolarmente colpita dalle riflessioni effettuate sulla sicurezza informatica e sull’approccio alla realtà virtuale connesso al rischio che ne consegue. A tal proposito, mi è sembrato interessante il discorso condotto dall’ospite Chiara Bigotti, il 25 novembre. Chiara, laureata in Giurisprudenza, prendendo spunto dalla mitologia greca, ha parlato di “Le fatiche di Sisifo: Diritto penale e sicurezza della Rete e delle informazioni”. In un mondo in cui internet è considerato come un mezzo che concede la possibilità di accedere ad infinite fonti di sapere, che crea nuove forme di comunicazione (centro di socialità) e che sembra non conoscere crisi a livello economico, la sicurezza informatica è fondamentale. Dal punto di vista giuridico, tale sicurezza è vista come un interesse collettivo, ossia come la capacità di una rete o di un sistema di resistere a eventi imprevisti o dolosi (ciò che chiamiamo resilienza). Una rete, per poter essere sicura, deve, in primo luogo, garantire che i dati siano conosciuti e trattati solo da chi ne ha diritto (confidenzialità delle informazioni) e dare la possibilità ad ognuno di accedere ai propri dati quando ciò viene richiesto. I costi per mantenere tale sicurezza sono piuttosto elevati e, per questo, sono stati definiti come una tassa sull’innovazione. Commettere un reato in rete è estremamente facile e non esiste un sistema efficace per selezionare la mole di contenuti illeciti presente. Inoltre, non sono da sottovalutare i conflitti di interesse a cui seguono attribuzioni pericolose di poteri. Pertanto, negli ultimi anni, si è alla ricerca di un modello alternativo che vede la sicurezza informatica come un bene non rivale (più utenti possono utilizzarla senza che l’uso da parte di uno diminuisca l’utilità per altri) e come un bene non escludibile. Si suggerisce un modello di gestione condivisa del rischio-reato e si delinea un sistema preventivo che prevede l’abolizione di misure di sicurezza sia nelle istituzioni pubbliche che private. Si fa riferimento, in particolare, all’autoregolamentazione regolata, che affida ai privati il compito di individuare concretamente le misure ed utilizzarle. Attraverso tale ricerca effettuata da Chiara, ho avuto la possibilità di conoscere alcuni dei lati oscuri di una presenza ormai fondamentale nella nostra vita, quella di Internet. Spesso, oggi, le persone non sono coscienti del potere che ha la rete di fronte ai dati che vi inseriamo all’interno e, soprattutto, delle violazioni della privacy e degli attacchi informatici a cui si può essere sottoposti. Per questo motivo ho apprezzato l’intervento di Chiara: mi ha permesso di entrare in contatto con il rischio di violazione della sicurezza della rete da un punto di vista che cerca di intervenire per evitare e punire i reati commessi in rete, quello giuridico. Nella giornata del 27 novembre ho, poi, preso parte all’incontro con Luca Crovi e Michael e Daniela Gregorio condotto da Salvatore Ritrovato. Qui ho avuto la possibilità di approfondire un tema già largamente trattato nel corso di letteratura spagnola del professor Darconza. Si è infatti parlato del concetto di noir, il quale, a differenza degli altri generi, presenta un rapporto diretto tra scrittore e lettore. Inizialmente, gli scrittori di tale genere venivano considerati autori di poca importanza e i loro testi venivano censurati durante i totalitarismi, a causa della presenza di denunce sociali e dell’esigenza, in generale, di raccontare una realtà. Il concetto di noir derivato dalle copertine nere francesi e, soprattutto, dal cinema noir americano sviluppatosi negli anni 40 e 50, viene oggi denominato “giallo”, a partire dal colore della copertina di Mondadori che diventa, così, un segno distintivo del romanzo poliziesco. Rispetto al genere noir e di tutto ciò che tale termine comporta, ho trovato fondamentale l’intervento di Michael e Daniela Gregorio che, con grande disponibilità ed un pizzico di ironia, hanno espresso la loro opinione su questioni sollevate durante l’incontro. In particolare, Daniela ha affermato di considerare la Bibbia come il primo noir in assoluto, a partire dalla storia di Caino e Abele. Secondo il suo punto di vista, i lettori nutrono una grande fascinazione nei confronti del male, nei testi che riguardano il quale la lettura viene portata avanti alla ricerca di qualcosa, di chi ha fatto quel qualcosa e del perché lo ha fatto. Daniela e Michael, con la loro grande passione per i romanzi gialli, hanno sempre avuto l’ambizione di scrivere ma, inizialmente, nessuno sembrava apprezzare il loro contributo al genere. Un giorno emerse l’idea di Daniela di scrivere un libro basato sulla relazione tra il filosofo Kant e il suo maggiordomo Lampe, considerati due pazzi, da cui ebbe inizio una saga composta da quattro libri, uno dei quali non ancora tradotto in italiano. Michael e Daniela, a fronte di un’esperienza o in seguito ad aver visto o sentito qualcosa che suscita la loro attenzione, scrivono una storia, descrivono personaggi che vengono arricchiti nel corso del tempo, creano una trama che verrà successivamente modificata per creare dei colpi di scena straordinari. Interessante è notare come entrambi scrivano la stessa parte di una determinata trama prima che essa vada a costituire una parte integrante del loro testo. Un altro elemento che ha attirato la mia attenzione, poi, è il fatto che Daniela scrive spesso in cucina. Ogni scrittore, infatti, dichiara di avere distinte condizioni favorevoli alla scrittura: alcuni, come Camilleri, preferiscono scrivere in un luogo affollato, altri in macchina, altri ancora completamente isolati dal mondo: insomma i romanzi sembrano nascere nei luoghi e nelle condizioni più disparate. Ilaria Bucchi

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Ho partecipato agli eventi di Urbinoir dei giorni 25 e 27 Novembre 2015 e ho trovato l’iniziativa davvero interessante poiché apre le porte verso argomenti ancora poco tratti nelle scuole. Sono sempre stata affascinata dal genere noir, dai polizieschi e dalle storie che giocano molto con i ruoli e le menti dei protagonisti. Mi è particolarmente piaciuto l’intervento di Luca Crovi, che ha spaziato nell’intero universo del genere, analizzando e confrontando anche il rapporto che il pubblico ha avuto con i testi noir, rispetto alla letteratura di genere. Interessante, inoltre, la nascita del genere e il parallelismo tra il “noir” francese e il “giallo” italiano (con la parentesi sull’errore commesso dalla Mondadori nello stampare le copertine italiane).  Mentre mi è rimasta poco chiara la parentesi sul diritto penale e la sicurezza delle informazioni in rete nell’intervento “Le fatiche di Saffo” di Chiara Bigotti, data la tecnicità dei termini e dell’argomento trattato, ho trovato particolarmente attuale e critico quanto è stato detto dai vari relatori sull’educazione dei ragazzi nelle scuole e nelle famiglie, il rapporto con i social network e con la tecnologia. A mio avviso sarebbe importante affrontare la questione non solo da un punto di vista teorico e didattico, tenendo corsi a scuola, ma anche a livello empirico già nelle famiglie, relazionandosi in modo più diretto con il web, mostrandone i pro e i contro e favorendo un utilizzo responsabile della tecnologia di cui disponiamo.  Nel complesso gli argomenti trattati mi sono sembrati molto attuali e interessanti, grazie anche al fatto che sono stati presentati in chiave moderna e hanno abbracciato in maniera innovativa e inaspettata la relazione tra “web” e “noir”.  Arianna Positano

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Urbinoir contagioso

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Nelle giornate dal 25 al 27 novembre 2015, si è svolto presso l’Università di Urbino il convegno URBINOIR. Ho partecipato alla conferenza di Venerdì 27 novembre nella quale è intervenuto brevemente il prof. Salvatore Ritrovato che ha successivamente introdotto i relatori della giornata: Luca Crovi, giornalista e autore di Noir. Istruzioni per l’uso, Daniela de Gregorio e Michael Jacob, autori. Salvatore Ritrovato ci racconta: “Luca Crovi non è solo scrittore, ma anche giornalista. È un’amante della musica e si occupa di Noir da tempo. Fu conduttore della trasmissione radiofonica Tutti i colori del giallo che ebbe oltre 600.000 ascoltatori […] Daniela de Gregorio e Michael Jacob invece, sono una coppia non solo nella vita ma anche nella scrittura e formano infatti un solo scrittore: i Michael Gregorio. Hanno esordito in Inghilterra nel 2005, pubblicando con la casa editrice Feber&Feber, e successivamente in Italia con Einaudi.” Interviene poi Luca Crovi, il quale sostiene che dare una definizione di Noir è molto complicato. Il suo intento in Noir. Istruzioni per l’uso era quello di creare una sorta di dizionario del Giallo che non fosse noioso. Un modo per farlo sarebbe stato inserire i racconti degli autori in prima persona ed è perciò che, anche in questa giornata, ha pensato di invitare fisicamente i Michael Gregorio. Luca Crovi ricorda ciò affermò lo scrittore statunitense Raymond Chandler: “uno scribacchino qualsiasi non ha lo stesso cuore e la stessa anima che hanno i noiristi; per scrivere questo genere di letteratura ci devi credere e se non lo fai fallisci”. Quello che vuol fare emerge dal suo libro è che la letteratura di genere non è mai stata isolata, ma è sempre stata collocata immediatamente nella realtà. “Ma perché il noir vi sembrava la forma più idonea per raccontare, nella vostra collana di libri, da una parte la storia e dall’altra il male?” – Domanda Crovi ai Michael Gregorio. A rispondere a questa domanda è Daniela, la quale sostiene che “i buoni” siano piuttosto noiosi, mentre “i cattivi” sono affascinanti, perciò il male è destinato a essere sempre presente. I Gregorio sono da sempre stati affascinati dal giallo e non hanno letto altro che quello. “E come si scrive un Noir?” – A interporsi ora è Michael Jacob, che racconta che avviene tutto naturalmente: chi scrive non scrive necessariamente perché decide che deve farlo. Può capitare che nella vita succeda qualcosa e da questo può nascere una storia con i suoi personaggi. Insieme, i Michael Gregorio si impegnano poi a migliorare i personaggi, e ciò vuol dire anche renderli più cattivi. Continua lo scambio di idee tra questi grandi noiristi e rimango colpita da alcune precisazioni dei Michael Gregorio: per scrivere un libro c’è un “dietro alle quinte” da non sottovalutare. Daniela scrive in italiano, Michael in inglese ed è così che hanno inizio le “litigate” sulla traduzione. Non è semplice rendere in un’altra lingua un’emozione o uno stato d’animo. Spesso non si hanno parole per trasmettere lo stesso significato o senso e ciò può complicare la stesura del libro. Ritengo che sia stata un’esperienza molto interessante e nonostante io non sia mai stata appassionata di questo genere ammetto di essere stata “contagiata”. Con i loro racconti e le loro vicende ho potuto passare qualche ora piacevole che mi ha arricchito e mi ha fatto avvicinare a un nuovo genere che prima poco consideravo. Pur non avendo letto i libri di cui si è discusso e pur riconoscendo che in alcuni momenti mi sono trovata spaesata, questa conferenza è stata sicuramente un’opportunità per ripercorrere brevemente la letteratura del passato e collegarsi così con quelli del presente, rendendo questo convegno molto costruttivo. Veronica Bertozzi

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27 novembre a Urbinoir

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Nella giornata di Venerdì 27 Novembre è stato organizzato un incontro nell’Aula Rossa di Palazzo Battiferri, che ha visto l’intervento di Luca Crovi, Daniela De Gregorio e Michael Jacob.

Luca Crovi è l’autore del libro “Noir. Istruzioni per l’uso”, molto divertente, corto e piacevole. Egli si occupa del genere noir e ci fornisce fin da subito numerose spiegazioni e commenti a riguardo. Ci mette davanti a una serie di autori, dall’Ottocento a oggi, non soltanto di gialli ma anche di avventure, e le sue varie esperienze lavorative dimostrano quanto egli sia appassionato di questo genere: è stato anche conduttore radiofonico di una trasmissione su Radio 2 intitolata “Tutti i colori del giallo”, che ebbe molti ascoltatori e un grande successo.

Viene più volte sottolineato che solo negli ultimi anni il noir sta ottenendo la giusta attenzione: oggi, infatti, il suo pubblico è cambiato, si tratta di una continua evoluzione dovuta specialmente ai mutamenti avvenuti nella società. Di questo parere è Adele Guerra, autrice dell’ultimo volume della collana Urbinoir Studi, “Sherlock on Air”: si tratta di un pubblico indubbiamente più attivo e dinamico.

Daniela De Gregorio e Michael Jacob sono una coppia nella vita e anche nella scrittura: loro infatti pubblicano con un solo nome, quello di “Michael Gregorio”, ed esordiscono con il romanzo “Critica della ragion criminale”, ambientato a fine Settecento e contenente legami logico-filosofici e personali con Kant. Viene spesso ribadito il fatto che non esiste una definizione di noir, ma bisogna impegnarsi a leggere gli autori e cercare di cogliere in ognuno di essi una sfaccettatura. Michael afferma che lui scriveva gialli e polizieschi, mentre Daniela si occupava di horror. Inizialmente hanno avuto numerose difficoltà nella pubblicazione dei loro romanzi, in quanto gli editori non si mostravano interessati alle loro opere.

Come scrivere un noir? “Generalmente chi scrive, non scrive necessariamente perché decide che deve scrivere: un giorno vedi qualcosa, hai qualche esperienza, hai vissuto un’occasione e vedi una storia; può succedere qualcosa di molto minimale, ma dentro tutto ciò si vede la possibilità di storie che si rivelano. Non si scrive quindi un noir, ma si scrive una storia: alcune sono cattive, altre sono molto “scure”, certi personaggi che ti vengono in mente non sono piacevoli e non necessariamente interessanti, ma affascinanti nelle loro stranezze. Io e Daniela ci dividiamo i personaggi, li arricchiamo, li “limiamo”, li miglioriamo rendendoli ancora più cattivi.” Queste le parole di Michael Jacob: in tutto ciò è possibile vedere come un autore non necessiti della volontà di scrivere, ma si trova a farlo perché molto spesso vive momenti particolari che lo spingono a raccontare storie.

L’evento è stato interessante e costruttivo, e ha visto personaggi illustri scambiarsi opinioni, giudizi e idee. Ha dato l’opportunità a noi presenti di entrare in contatto con questo genere misterioso e tutto da scoprire, abbiamo potuto vedere i “retroscena” e i “preparativi” che accompagnano la stesura di un romanzo. Questo incontro mi ha aperto un nuovo mondo, quello del noir, che prima di allora mi era sconosciuto, e ha contribuito a far nascere un forte interesse verso questo tipo di opere.

Alice Corbelli

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Nero Wolfe e il cibo

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Il 21 Ottobre 2015, alla DATA di Urbino, presso la Sala del Maniscalco, si è tenuta la presentazione del libro “Non solo Nero Wolf. Misteri in cucina e cuochi del mistero negli USA tra Depressione e Guerra Fredda” di Francesca Secci. Tra i relatori l’ex studentessa dell’Università di Urbino che ha dato vita alla casa editrice Aras Edizioni Federica Savini, la professoressa di Letteratura angloamericana Alessandra Calanchi e infine il giornalista Gabriele Cavalera. L’autrice, non presente all’evento, ha portato avanti l’idea di pubblicare il libro con molta titubanza, ma senza Federica Savini tutto ciò non sarebbe stato possibile. Federica Savini si avvicina al mondo dell’editoria in modo piuttosto casuale. Inizialmente dedicava la sua vita al teatro e partecipò anche a una tournée all’estero con la compagnia teatrale Modus. Fu grazie alla stampa della sua tesi “Traduzione del Ritratto di Dorian Gray” che oggi possiamo parlare di Aras Edizioni. Il cugino infatti aveva rilevato una casa editrice che non riusciva a portare avanti, perciò lei decise di aiutarlo e tramite vari tutorial inizia a conoscere il mondo editoriale e nasce così Aras Edizioni. “È un intreccio di dati originale e gli inserti di Francesca Secci sono ottimi” – commenta Gabriele Cavalera. Viene così presentato il libro, andando a toccare i punti più salienti: la gastronomia è il motore della vicenda. La cucina, oltre che le orchidee, sono la metafora per presentarci stili di vita e personaggi del Vecchio e Nuovo Continente. “Con la capacità critica di Francesca Secci questo libro non diventa mai noioso” – afferma Alessandra Calanchi. Senza questo legame con la cucina, questo romanzo sarebbe stato uguale a tanti altri. Ma è importante sottolineare che non si parla solo di gastronomia, ma come si evolve la cultura americana in quegli anni. Al termine della presentazione si lascia spazio a qualche domanda ed emerge l’importanza della prevedibilità. In letteratura, come anche nelle serie televisive, è importante la ripetizione dei fatti: alle 13:00 si pranza mentre alle 20:00 si cena, così tutti i giorni. La vita di Nero Wolfe è scandita dal cibo. La presentazione è stata coinvolgente e piacevole. Un dialogo che ha suscitato interesse e voglia di leggere questo libro. Anche il pubblico è potuto intervenire attivamente a questa presentazione apportando commenti e considerazioni. Una presentazione così avvincente che io, come tanti altri partecipanti, abbiamo deciso di comprare subito il libro. Veronica Bertozzi

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Non solo Nero Wolfe e ricette in noir

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Nella giornata di mercoledì 21 Ottobre 2015 mi sono recata alla presentazione di un libro intitolato “Non solo Nero Wolfe, Misteri in cucina e cuochi del mistero negli USA tra Depressione e Guerra Fredda”, nella Sala del Maniscalco presso la DATA di Urbino. All’incontro erano presenti l’ex studentessa e ora imprenditrice Federica Savini, la professoressa dell’Università di Urbino Alessandra Calanchi e il giornalista Gabriele Cavalera. L’autrice del libro in questione è Francesca Secci, anche lei una ex studentessa, che dopo una Laurea Magistrale ha pubblicato il proprio libro nella collana “Urbinoir Studi”: non è frequente che una tesi di laurea diventi un libro, ma questo è stato possibile grazie alla qualità del suo lavoro e alla disponibilità di Federica Savini. Anche quest’ultima anni fa si è laureata in lingue a Urbino e il suo incontro con l’editoria è stato del tutto casuale: lei infatti racconta di aver inizialmente dedicato la sua vita al teatro, tanto che ha a lungo collaborato con una compagnia teatrale di Sant’Arcangelo. Fu la sua tesi, incentrata sulla traduzione de “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde, ad avvicinarla all’editoria: quando andò a stamparla, suo cugino aveva rilevato una casa editrice che però non riusciva a gestire, allora Federica gli offrì la sua collaborazione. Iniziò così a conoscere un nuovo mondo, programmi specifici editoriali e di grafica. Il suo lavoro è cresciuto in breve tempo e la casa editrice è diventata finalmente sua: nasce così Aras Edizioni. Federica ci parla del ruolo dell’editore, il quale sceglie i libri e li produce creando una realtà editoriale autonoma, non si limita a stamparli. Il marchio editoriale quindi cresce, con una sua selezione di autori. La casa editrice di Federica è riuscita a decollare in breve tempo perché sono stati scelti giusti collaboratori, necessari per poter crescere (soprattutto per le attività di gestione quando il catalogo cominciava a svilupparsi) e per selezionare il meglio (fa riferimento anche a collaboratori esterni, ad esempio docenti). Federica ha rilevato di recente anche un’altra casa editrice di Pesaro, “Metauro”. Il libro di Francesca Secci è molto interessante e scorrevole, ha un buon filo logico e ha come protagonista un personaggio di nome Nero Wolfe. L’autore statunitense (degli anni ’30, periodo della Depressione) di questo personaggio si chiama Rex Stout e ha scritto più di 30 libri con Nero Wolfe come figura principale e altrettanti racconti. Il protagonista è un detective appassionato di cucina e di orchidee, e la sua vita è scandita in modo molto preciso: la sua realtà gira attorno a una serie di abitudini. Egli è la “mente” dei progetti, mentre il “braccio” è Archie Goodwin: è il prototipo dell’americano, che mangia sandwich e ama il fast-food (diversamente da Nero Wolfe, il quale si fida solamente del suo ottimo cuoco Fritz). I due personaggi hanno caratteristiche simili, si legano sia al Nuovo sia al Vecchio Continente: Nero Wolfe è sempre immobile, mentre l’aiutante è l’uomo d’azione che si muove per la città. Questo libro è particolarmente originale perché l’indagine è inframezzata da momenti di carattere vario (specialmente culinario), che la fanno uscire dagli schemi rendendola diversa dalle altre. Francesca Secci, per rendere la sua opere ancor più interessante, inserisce un libro di ricette raccolte da un programma radiofonico condotto dal Mystery Cook (così chiamato perché non voleva fare sapere ai genitori, scozzesi, di questa attività, vergognandosene). Le ricette provengono da tutte le parti del mondo, era facile quindi trovarle anche senza muoversi dagli Stati Uniti: la raccolta rappresenta l’evoluzione della cultura negli Stati Uniti fra la Depressione e la Guerra Fredda. Sono presenti alcune analogie fra il binomio Nero Wolfe – Archie Goodwin e Sherlock Holmes – Watson. Innanzitutto possiamo dire che la “mente”, senza il proprio “braccio”, non riuscirebbe a risolvere i casi e che le due figure di Archie e Watson si somigliano tanto quanto quelle di Nero Wolfe e Sherlock Holmes. Quest’ultimo però, a differenza di Nero Wolfe, è diventato un personaggio di culto protagonista di molte parodie e imitazioni. A riguardo un’anticipazione: il quinto volume della collana Urbinoir avrà proprio lui come protagonista e sarà redatto dal Manager Didattico della facoltà di Lingue di Urbino, Adele Guerra. In conclusione, l’incontro di presentazione del libro è stato molto motivante e interessante (ho acquistato il volume la sera stessa e il giorno successivo avevo già iniziato a leggere i primi paragrafi): bisogna riconoscere l’abilità dell’autrice nel coinvolgimento del lettore, grazie ad un originale uso del linguaggio e di particolari inserimenti riguardo alla cultura dell’epoca. Alice Corbelli

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Dietro la traduzione

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Venerdì 27 novembre 2015 ho avuto la possibilità e il piacere di partecipare a una delle tante conferenze organizzate da Urbinoir. L’ospite principale dell’evento è stata Katia Bagnoli, traduttrice del romanzo To Rise Again at a Decent Hour di Joshua Ferris, la quale mi ha fatto un’ottima impressione: si è presentata come una persona elegante e molto disponibile. Prima di tutto, ha brevemente raccontato la trama del libro tradotto, che si lega al tema di Urbinoir (il lato oscuro della rete) in quanto il protagonista viene derubato della sua identità on line, uno dei tanti rischi di Internet. Si tratta di un racconto che utilizza l’humor e la leggerezza ma che, procedendo, diventa più profondo, fino a ottenere un doppio livello comico-drammatico. Dopo la descrizione del libro, Katia Bagnoli ci ha un po’ raccontato della sua professione di traduttrice. In particolare, ci ha spiegato che i traduttori lavorano sempre con tempi molto ristretti ma che lei, prima di cominciare a tradurre, legge il libro tre volte al fine di conoscerlo bene. Mi ha molto colpito quando ha ammesso che, a volte, le è capitato di dover tradurre un libro che non le piaceva ma che, alla fine, lo ha amato lo stesso, perché si entra in una grande intimità con esso e si scoprono e capiscono cose che inizialmente non si vedevano. Per quanto riguarda il ruolo di Internet nel suo mestiere, Katia Bagnoli spiega che si tratta di uno strumento largamente usato dai traduttori per approfondire argomenti che si conoscono poco. Lei, per esempio, lo ha utilizzato per cercare informazioni sulla professione del dentista, che è quella esercitata dal protagonista. Il lato negativo, ha precisato, è che i tempi si sono drammaticamente ridotti rispetto al passato (3-4 mesi). Un’altra tematica interessante è stata la sua posizione riguardo alla scelta di tenere in considerazione il lettore: la traduttrice non è d’accordo, in quanto pensa che semplificare la traduzione di argomenti difficili sia un atto di sfiducia nei confronti del lettore stesso, il quale dovrebbe trovare nella lettura la possibilità di diventare un po’ più “ricco”; argomentazione che, da grande appassionata di libri, condivido pienamente. La testimonianza di Katia Bagnoli è stata davvero illuminante e mi ha permesso di comprendere meglio tutto il lavoro che sta dietro al libro, già tradotto e pronto per essere letto, che troviamo in libreria. Ho avuto l’impressione che la traduttrice ami molto il suo lavoro; nonostante i lati negativi, infatti, mi ha trasmesso una grande passione per quello che fa. Chiara Moretti

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Sulla traduzione

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La conferenza inizia con Katia Bagnoli, traduttrice di To Rise Again at a Decent Hour di Joshua Ferris. Inizialmente, spiega in breve la trama del libro: la storia narra di un dentista, uomo ateo e razionale, al quale viene rubata l’identità online. A partire da questo evento, il libro diventa più profondo e un’altra identità, a lui sconosciuta, gli viene restituita.
Il furto di personalità in rete subito dal protagonista si lega al tema affrontato da Urbinoir, “Il lato oscuro di Internet”.
Successivamente, la traduttrice ci racconta della sua professione, spiegandoci che il libro in questione non è stato il più complesso da lei affrontato. Ha persino tradotto libri di Bret Easton Ellis!
Ho trovato interessante il fatto che ogni traduttore abbia il proprio modo di approcciarsi al libro: Katia, per esempio, lo legge tre volte prima di cominciare la traduzione, in modo da conoscerlo il più possibile.
In risposta a una domanda, la traduttrice ci spiega che internet è uno strumento molto utile nella sua professione, soprattutto per approfondire argomenti che non si conoscono. Nonostante questo “vantaggio”, i tempi di traduzione si sono drammaticamente ridotti rispetto a qualche anno fa; se prima si aveva circa un anno di tempo, ora in 3-4 mesi il lavoro deve essere consegnato.
Infine, ho molto apprezzato la sua posizione di disaccordo verso i traduttori che tendono a semplificare gli argomenti più difficili per favorire la comprensione del lettore. Katia Bagnoli sostiene che si tratta di un atto di sfiducia nei confronti di quest’ultimo, il quale, finito il libro, dovrebbe sempre uscirne un po’ “arricchito”.
Proprio come il lettore in questione, dopo questa testimonianza, anche io mi sento più arricchita.
L’aspetto che più mi è piaciuto della sua professione è la possibilità di imparare sempre qualcosa di nuovo: che sia la medicina, lo sport o la religione… ogni libro ti lascia una parte di sé.

Shida Rahbarnia

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Amo il mistero e la fantascienza

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Il genere “giallo” è uno dei generi che più affascina i lettori .  E’ un genere di narrativa popolare di successo nato verso la metà del XIX secolo e sviluppatosi nel Novecento che ha come oggetto principale la descrizione di un crimine e dei personaggi coinvolti, siano essi criminali o vittime. Poiché è un molto vasto, spesso si sovrappone con altri generi letterari, come la fantascienza. E’ diviso tradizionalmente in diversi sottogeneri: il poliziesco (in particolare il “giallo” classico), la letteratura di spionaggio, il noir, il thriller. Il noir forse descrive maggiormente fatti realmente accaduti o racconta e descrive anche stragi davvero avvenute come quella di Bologna. Forse perché coinvolge temi come il mistero, la paura, la superstizione, il dubbio, tutti sentimenti insiti nell’animo umano da sempre, il “giallo” è uno dei generi che mantiene vivo il suo fascino ed è quindi considerato un genere senza tempo. 

La prima parte dell’incontro è quella che mi ha colpito maggiormente. Tutte le spiegazioni dateci da Luca Crovi sul genere noir, tutte le curiosità e tutti i suoi consigli sono stati preziosi alla stesura di questo commento. La frase più bella che secondo me ha pronunciato è stata che per questo tipo di letteratura si deve credere fino in fondo a quel che si scrive, il lettore deve trovare tra le righe della vicenda, tra le descrizioni dei personaggi e tra i perché e i come che susseguono un ipotetico delitto, tutto l’impegno che lo scrittore ha messo nella scrittura del romanzo.

Ad aiutarlo in queste dichiarazioni, sono intervenuti i Michael Gregorio (Daniela De Gregorio e Michael Jacob), autori di Critica della ragion criminale. I due coniugi-scrittori, lei un’affascinante italiana e lui un affascinante inglese, ci hanno raccontato prima di tutto come è nata la loro passione per la scrittura del noir. Lei ci ha raccontato che scriveva storie horror, lui scriveva e leggeva “gialli”. Ci hanno esposto che dal loro punto di vista: se un “giallo” o un noir non presentano nelle prime pagine un delitto, il libro è da buttare perché il lettore deve avere voglia di andare avanti nella lettura per scoprire cosa è successo, chi ha commesso il delitto, perché e trovarsi magari di fronte a un colpo di scena. Per i Gregorio, scrivere romanzi risulta più facile se in passato si ha avuto qualche esperienza bizzarra, se si ha qualcosa da raccontare o se semplicemente si ha molta fantasia e voglia di creare nuove storie e nuovi legami nella narrazione. A loro dire, se inizi a scrivere, le storie poi vengono da sé.

Questo incontro è stato molto interessante per me perché sono un’amante dei romanzi e anche dei film “gialli” e noir. Amo il mistero e la fantascienza e tutto quello che è ipotetico e da scoprire. Un’esperienza da rifare.

Sara Palanca

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