Il 27 ottobre 2017 si è tenuto un incontro a Palazzo Battiferri tra gli studenti di Lingue dell’Università di Urbino e Massimo Locatelli, docente di cinema ed esperto di noir, che ha recentemente pubblicato un libro dal titolo Psicologia di un’emozione. Thriller e noir nell’età dell’ansia. In questo volume egli illustra come le emozioni siano qualcosa di radicato nelle pratiche di consumo contemporanee, specificando che l’ansia non è strettamente uno stato psicologico, ma uno stato d’animo in cui ci troviamo e che viene alimentato da determinati fattori, in questo caso generi cinematografici come il noir e il thriller. Studiando queste narrazioni (definite da Locatelli “narrazioni audio-visive criminali e investigative moderne”), è possibile realizzare uno “studio culturale delle emozioni”, tenendo in considerazione che, quando proviamo paura ed ansia, mettiamo in atto dei processi di proiezione e immedesimazione.
Sulla base di questi concetti, introdotti dalla professoressa Alessandra Calanchi nella lezione precedente all’incontro, gli studenti hanno potuto affrontare l’incontro in maniera più consapevole ed hanno apprezzato molto il fatto che si sia parlato anche di serie televisive che essi stessi seguono, come ad esempio True detective, in modo da permettere loro di avere un riscontro diretto dei concetti che il professor Locatelli ha messo in luce. In particolare, si è partiti da un confronto tra due serie televisive, la sopracitata True detective e Don Matteo, che, pur essendo molto diverse, hanno due elementi in comune: il meccanismo della serializzazione e il thriller, cioè la presenza di musiche ed atmosfere che trasmettono ansia. Il thrilling, infatti, è caratterizzato dal mistero, dall’investigazione, dal senso perenne di ansia, di tensione unitamente alla suspense, all’attesa. La tensione è considerata uno stato di insicurezza, di non tranquillità, legata al fatto che non si conosce cosa accadrà, ed è un campo di cui si occupano le neuroscienze: attraverso specifici strumenti tecnologici, infatti, è possibile misurare le nostre reazioni complessive a determinate scene.
Locatelli ha anche fatto riferimento a quello che viene definito “sistema della cura”, cioè il sistema della relazionalità, che è di fondamentale importanza nel cinema perché permette di creare emozioni nello spettatore attraverso quelle provate dal personaggio: si parla per questo di “carica patemica”, la quale complica un po’ la narrazione, ma è fondamentale per creare la profondità dei personaggi.
Il noir nasce negli anni ’30/’40, rendendo il thriller classico ancora più complesso, grazie ad un’ulteriore dimensione patemica: vi è infatti una carica passionale che si lega all’elemento del mistero, ed i personaggi sono caratterizzati da difficoltà decisionali ed emozionali (un esempio è la “dark lady”).
Dagli anni ’80 in poi, e ancor più oggi (dove, secondo Locatelli, l’universo investigativo e criminale ha un ruolo centrale), il noir è diventato più complesso, poiché gli spettatori odierni sono più ‘esigenti’, pretendono uno specifico ‘mood’: ciò che crea tensione è la penombra, il chiaroscuro, che non è semplice da realizzare. Da ricordare è sicuramente il personaggio di Rodolfo Valentino, lanciato nel 1920 e divenuto la base per tutti i personaggi di questo tipo, dalla psicologia incerta.
Dal 1941/42 si cominciò a costruire un mondo chiaroscurizzato: da questo punto di vista è emblematico il film La signora di Shanghai (1947), di Orson Welles, con molte scene di contrasti tra chiaro e scuro, girate anche all’esterno degli studi. Particolare attenzione merita la scena finale del film, che mostra il gioco degli specchi, tipico del thriller: la tensione si crea perché, in mezzo a tantissimi specchi che riflettono l’immagine del personaggio, non si comprende quale sia quella vera.
Da notare è che questo percorso di evoluzione di tecniche, che viene incontro al nostro registro emotivo, si verifica anche nella televisione, e che la maturità del chiaroscuro viene raggiunta negli anni ’80.
L’incontro si è concluso con molte domande poste dagli studenti, che hanno molto apprezzato sia la sua modalità di svolgimento, poiché vi era la possibilità di intervenire e di rispondere a domande poste dal professor Locatelli, sia per l’argomento: è infatti interessante per noi, che siamo nati molto tardi rispetto alla nascita di alcuni generi cinematografici importanti, conoscere quale sia la loro storia, come si siano evoluti nel tempo, ma soprattutto apprezziamo il fatto che, attraverso incontri di questo tipo, ci vengano forniti degli strumenti importanti che ci permettano di analizzare i film che vediamo, comprendere gli stili di regia, le psicologie che si nascondono dietro ai personaggi.
Per concludere, voglio riportare una frase di Alfred Hitchcock che ho letto per caso qualche tempo fa e che mi è tornata in mente nel corso dell’incontro: “Nel film gli omicidi sono sempre molto puliti. Io mostro come sia difficile e che pasticcio enorme sia uccidere un uomo”.
Alessia Badassarri