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La prima volta a Urbinoir

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Foto di Martina Tofanelli

Essendo il primo anno che partecipo a questa iniziativa, devo confessare che già dal primo incontro sono rimasta sbalordita. Non mi aspettavo un progetto di così ampio respiro. Tantomeno mi sarei aspettata professori di scienza biomolecolare e matematica che avessero qualcosa da dire a proposito di tale argomento.
Non solo.
Questa iniziativa, essendo aperta a realtà internazionali, e non solo locali e nazionali, offre la possibilità di confrontarsi sul presente, su problematiche che coinvolgono non solo luoghi circoscritti ma anche realtà da noi molto distanti.
Il tema scelto, ovvero il lato oscuro della rete, credo che veicoli bene l’idea di un progetto ad ampio raggio, dato che viviamo in mondo sempre più globalizzato, dove siamo chiamati continuamente a confrontarci con altre culture e a fare i conti con l’uso della rete.
Gli interventi del professor Gian Italo Bischi e del dottor Davide Sisti sono stati illuminanti.
Bischi ci ha messo al corrente di problematiche che, in linea di massima, fanno parte ormai della nostra vita quotidiana, ovvero il cyberbullismo, i furti di identità, il ruolo degli hacker e dei cracker…
Tuttavia ciò che ho ritenuto importante del suo intervento, al di là degli spunti letterari forniti, è stato il fatto che per la prima volta ho trovato confermata l’ipotesi che già da tempo avevo maturato: gli attacchi informatici sono più temuti del terrorismo. Questo è dovuto, sicuramente, al fatto che anche il terrorismo fa uso di informatica e spesso le due problematiche sono collegate.
Inoltre un altro spunto che mi ha fornito, e che ho trovato molto interessante, è legato al libro Storytelling Animal. Infatti il paragone tra libri e simulatori e il fatto che “indossare le vesti” dei personaggi che incontriamo nei libri possa aiutarci a vivere meglio, così come le conoscenze informatiche possono aiutarci a migliorare la nostra qualità di vita, mi hanno fatto pensare ai tantissimi esempi e situazioni in cui si fa uso di simulatori. È un collegamento bizzarro, ma spesso e volentieri siamo portati a testare quello che poi sarà attraverso simulatori per cercare di prevedere cosa succede. Siamo mossi sempre da questo desiderio di conoscere ciò che viene dopo e come sarà questo dopo. Mi sono venuti in mente i piloti di Formula 1 che fanno test fisici all’interno dei simulatori, oppure anche gli astronauti dell’Apollo 13 che si mettevano alla prova all’interno del modulo di comando fittizio. (Mi è venuto in mente l’Apollo 13 perché recentemente ho rivisto il film)
Per quanto riguarda Sisti, credo di essere rimasta ancor più affascinata. Ciò è dovuto alla mia inesperienza nelle materie scientifiche, che comunque mi destano tantissima curiosità.
A essere sincera ho fatto un po’ fatica a seguire il suo intervento, ma credo che questa difficoltà sia direttamente proporzionale all’interesse che mi ha suscitato – giusto per rimanere in termini matematici.
La teoria del caos ad esempio, e di come il cervello obbedisca a questa teoria, credo che sia a dir poco sbalorditiva.
Ma non solo.
Se io, studentessa di lettere, sono abituata a vedere il miele come un semplice alimento, oggi ho scoperto che i matematici e i fisici, quando versano del miele, pensano istintivamente a una formula fisica. Meraviglia. Pura meraviglia.
Grazie all’intervento del dottor Sisti credo che dovremmo riflettere in modo più approfondito su tutti quei fatti che apparentemente ci sembrano predeterminati, ovvi, scontati.
Dovremmo imparare a ricercare il “lato oscuro” in tutte le cose, anche nelle più banali – proprio come nel miele che cola.
Agganciando questo discorso alla vita di tutti i giorni, credo che questo stimolo di ricercare gli aspetti più profondi della realtà ci possa guidare lungo la strada della consapevolezza, della possibilità, della non-unica scelta predeterminata.
L’aspetto meraviglioso di Urbinoir penso sia proprio questo: il pretesto di un tema che ci porti a riflettere sulla realtà, su noi stessi, divenendo persone più consapevoli e attive nella nostra società.
Devo riconoscere che all’inizio avevo pensato a un semplice resoconto di questi incontri. Ma poi ammetto di essermi fatta trasportare dalle tematiche affrontate, tanto da non essere riuscita nel mio iniziale proposito, ovvero di realizzare una relazione che apparisse per lo meno obiettiva.
Ho fallito nel mio proposito ma sono molto soddisfatta di questa esperienza.

Alexa Saccomandi

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Quando i giochi a somma zero danno un risultato negativo di Francesco Gentili

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Un breve saggio di Francesco Gentili  che qui volentieri pubblichiamo sul rapporto arte/scienza, la teoria dei giochi applicata  allo studio dell’intersezione tra cinema e letteratura.

Istintivamente si potrebbe pensare che arte e scienza viaggino su due rette parallele ma, pensandoci un po’, ci si rende conto che più che rette parallele arte e scienza possono essere considerate in realtà delle curve che si intersecano ripetutamente. Diverse forme d’arte hanno, infatti, delle basi scientifiche: basti pensare alla musica, in cui la costruzione delle scale, degli accordi e degli intervalli musicali rispetta rigide regole matematiche. Anche nelle arti figurative si riscontrano facilmente delle basi scientifiche se si pensa ad esempio allo studio della prospettiva o dell’anatomia. Persino nella letteratura, dove questa interazione tra arte e scienza potrebbe sembrare meno evidente, ci può essere una base scientifica; mi riferisco in particolare al genere noir. Per capire di cosa si sta parlando, riporto una parte dell’introduzione di Determinismo, relativismo, complessità: le vite parallele di matematica e romanzo poliziesco del Prof. Gian Italo Bischi: “Il parallelismo fra il ragionamento ipotetico-deduttivo della matematica e i procedimenti con cui gli investigatori “dimostrano la verità” nei romanzi polizieschi è evidenziato fin dall’origine di questo genere letterario, che viene fatta risalire alla pubblicazione, nel 1841, di “The murders in the Rue Morgue” di Edgar Allan Poe. Infatti nell’incipit di questa opera fondante, nel descrivere le caratteristiche della figura dell’investigatore, Poe afferma che “I risultati cui perviene, dedotti dall’anima stessa, dall’essenza del metodo, hanno, in verità, tutta l’aria dell’intuizione. La capacità di risolvere è probabilmente potenziata dallo studio della matematica e soprattutto del ramo più nobile di essa che impropriamente, e solo a causa delle sue operazioni a ritroso, è stato denominato analisi”.
Quello che si vuole fare in questo scritto è cercare di identificare un ulteriore punto di tangenza tra arte e scienza, nello specifico tra cinema e teoria dei giochi (non ci si riferisce al chicken game, il cui nome è dovuto alla famosa scena della sfida automobilistica in Gioventù bruciata), ma procediamo con ordine. […]

Per continuare a leggere scaricare l’intero articolo in formato PDF dal link seguente: Quando i giochi a somma zero danno un risultato negativo

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