Alessandra Calanchi intervistata a Giallo Pistoia

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Urbinoir: Call for papers 2018: NOIR COME L’INCHIOSTRO

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Università degli Studi di Urbino, 21-23 novembre

NOIR COME L’INCHIOSTRO:
True Crime e Fake News sulla pagina e sullo schermo

“Il mondo è ciò che accade”, scriveva Wittgenstein: ma ciò che accade deve essere narrato, altrimenti non esiste. Se non viene narrato, c’è il vuoto. Le narrazioni danno vita alla cronaca, ai fatti, gli eventi, all’esistenza stessa della vita e della morte. Nell’età contemporanea il ruolo dei professionisti della comunicazione, della stampa, dei mass-media, dei digital media o dei social media, nonché degli storici, dei sociologi e degli scienziati politici, è decisivo per la risonanza ottenuta da un fatto, per il clamore generato nell’opinione pubblica, per la capacità di permanenza nell’immaginario collettivo del villaggio globale.

I nuovi mezzi di comunicazione hanno accelerato i tempi della divulgazione della notizia, hanno amplificato l’eco degli accadimenti, hanno portato a commentare i fatti in tempo reale. Oggi la notizia è “bruciata” in poche ore. Per coinvolgere il pubblico, a giornali, tv, radio e siti web rimane come unica risorsa il commento, l’approfondimento, il particolare. Elementi che aprono la strada al rischio del dettaglio morboso. Ecco allora che alcuni delitti rimangono incogniti o insoluti; altri, magari con identiche caratteristiche, permangono nella storia e vi resistono a lungo, radicandosi e associandosi all’immaginario di un’epoca, di un luogo, di una comunità.

Urbinoir 2018 vuole approfondire questa relazione che si instaura tra le narrazioni dei fatti di sangue e la permanenza degli effetti sull’immaginario di una comunità che, come sappiamo bene, non agiscono soltanto sul piano strettamente giornalistico, ma danno vita a ulteriori narrazioni – letterarie, scientifiche, storiche, musicali e artistiche. In particolare, la cronaca nera è l’altra faccia del noir. L’inchiostro è il suo sangue, che si scioglie e si solidifica sulle pagine a differente destinazione. I fatti si disseccano sui quotidiani e, quando lo meritano, ritornano a farsi liquidi sulle pagine dei libri. E il giornalista si sposta da una dimensione all’altra, accompagnato da un pubblico tra l’inorridito, il disgustato e l’affascinato. Urbinoir 2018 affronterà anche l’evoluzione del modo di raccontare le tragedie individuali e collettive in rapporto ai destinatari e nel rispetto delle vittime.

Si invita a inviare le proposte di intervento (abstract e breve cv) sui temi sopra riportati entro il 30 maggio 2018 a

  • alessandra.calanchi@uniurb.it
  • tiziano.mancini@uniurb.it
  • gabriele.cavalera@gmail.com

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IL CASO DEMICHELLIS di Francisco Marin

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Il caso ideale per qualunque avvocato criminalista: difendere un cliente innocente. Da questa considerazione parte un thriller interessante, ben scritto (e tradotto) e in vetta alle classifiche spagnole dell’universo dell’autopubblicazione su Amazon. Aggiungiamo che la location è intrigante – siamo a Ibiza –   e che i personaggi (a tutto tondo) si muovono in un mondo colorato fatto di bar frequentati da solo uomini, piatti prelibati, modelle che fanno gli extra e sogni (realizzati) di enormi vincite alla lotteria. Ma non lasciamoci ingannare dal fatto che la vittima sia una donna – non c’è una riflessione socio-culturale sul femminicidio e gli stereotipi sessisti abbondano. Peccato. Oppure no? Perché nulla è come sembra…

a.c.

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Il velo di Maya di Patrizia Geminiani

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Urbinoir saluta con piacere Il velo di Maya, secondo romanzo di Patrizia Geminiani (L’Erudita 2017), pesarese laureata in filosofia a Urbino. La sua protagonista, Ludovica, che ha la sventura di doversi improvvisare detective, ci sta così simpatica che perdoniamo all’editor il refuso per cui in una dotta citazione Amleto parla con Horario anziché con Horatio. L’indagine della polizia risulta imperdonabilmente frettolosa, ma se così non fosse il romanzo finirebbe nelle prime pagine… 

Un delitto di provincia, un condominio pieno di segreti, uno stile che pur violando allegramente le norme della consecutio e della punteggiatura si rivela intrigante. E una verità che si svela solo dopo colpi di scena multipli.

a.c.

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HAIKU NOIR

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Il primo concorso di Haiku di ispirazione noir!

Urbinoir 2017 propone un nuovo concorso: HAIKU NOIR!    

1. Si partecipa con un massimo di tre poesie, in lingua italiana o inglese, secondo le regole dell’haiku: tre versi di 5, 7, 5 sillabe. In considerazione degli sviluppi contemporanei della forma haiku, sia in Giappone sia in Occidente, tale numero di sillabe non è strettamente obbligatorio, pur restando altamente auspicabile.

2. Le opere devono essere ben riconoscibili come noir, pena l’esclusione – o per tematica, o per atmosfera, o per stile, o per personaggi…

3. Non è prevista alcuna quota di partecipazione.

4. I partecipanti dovranno inviare (in formato Word) – entro e non oltre la data di scadenza fissata al 30 maggio 2018 – all’indirizzo mail haikunoir@uniurb.it  un allegato contenente: le poesie con le quali intendono concorrere, il nome e l’e-mail dell’autore/autrice.

5. La Commissione di Giuria è composta da 

Gianni Darconza, poeta e Presidente del Premio

Alessandra Calanchi, studiosa di noir

Alberto Fraccacreta, poeta e direttore della rivista online “La resistenza della poesia”

Tiziano Mancini, scrittore e giornalista

Ben Pastor, scrittrice di noir e Presidente del Premio di Poesia Haiku “La luna e il vigneto”

Luigi Sanvito, editor di narrativa poliziesca ed esperto di cultura giapponese

6. Verranno premiati tre haiku di uno stesso autore/autrice con diploma e prezioso premio a sorpresa! 

7. La cerimonia di premiazione si terrà in occasione di Urbinoir 2018 (novembre 2018).

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Gli studenti di Lingue incontrano il noir con Massimo Locatelli

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Il 27 ottobre 2017 si è tenuto un incontro a Palazzo Battiferri tra gli studenti di Lingue dell’Università di Urbino e Massimo Locatelli, docente di cinema ed esperto di noir, che ha recentemente pubblicato un libro dal titolo Psicologia di un’emozione. Thriller e noir nell’età dell’ansia. In questo volume egli illustra come le emozioni siano qualcosa di radicato nelle pratiche di consumo contemporanee, specificando che l’ansia non è strettamente uno stato psicologico, ma uno stato d’animo in cui ci troviamo e che viene alimentato da determinati fattori, in questo caso generi cinematografici come il noir e il thriller. Studiando queste narrazioni (definite da Locatelli “narrazioni audio-visive criminali e investigative moderne”), è possibile realizzare uno “studio culturale delle emozioni”, tenendo in considerazione che, quando proviamo paura ed ansia, mettiamo in atto dei processi di proiezione e immedesimazione.
Sulla base di questi concetti, introdotti dalla professoressa Alessandra Calanchi nella lezione precedente all’incontro, gli studenti hanno potuto affrontare l’incontro in maniera più consapevole ed hanno apprezzato molto il fatto che si sia parlato anche di serie televisive che essi stessi seguono, come ad esempio True detective, in modo da permettere loro di avere un riscontro diretto dei concetti che il professor Locatelli ha messo in luce. In particolare, si è partiti da un confronto tra due serie televisive, la sopracitata True detective e Don Matteo, che, pur essendo molto diverse, hanno due elementi in comune: il meccanismo della serializzazione e il thriller, cioè la presenza di musiche ed atmosfere che trasmettono ansia. Il thrilling, infatti, è caratterizzato dal mistero, dall’investigazione, dal senso perenne di ansia, di tensione unitamente alla suspense, all’attesa. La tensione è considerata uno stato di insicurezza, di non tranquillità, legata al fatto che non si conosce cosa accadrà, ed è un campo di cui si occupano le neuroscienze: attraverso specifici strumenti tecnologici, infatti, è possibile misurare le nostre reazioni complessive a determinate scene.
Locatelli ha anche fatto riferimento a quello che viene definito “sistema della cura”, cioè il sistema della relazionalità, che è di fondamentale importanza nel cinema perché permette di creare emozioni nello spettatore attraverso quelle provate dal personaggio: si parla per questo di “carica patemica”, la quale complica un po’ la narrazione, ma è fondamentale per creare la profondità dei personaggi.
Il noir nasce negli anni ’30/’40, rendendo il thriller classico ancora più complesso, grazie ad un’ulteriore dimensione patemica: vi è infatti una carica passionale che si lega all’elemento del mistero, ed i personaggi sono caratterizzati da difficoltà decisionali ed emozionali (un esempio è la “dark lady”).
Dagli anni ’80 in poi, e ancor più oggi (dove, secondo Locatelli, l’universo investigativo e criminale ha un ruolo centrale), il noir è diventato più complesso, poiché gli spettatori odierni sono più ‘esigenti’, pretendono uno specifico ‘mood’: ciò che crea tensione è la penombra, il chiaroscuro, che non è semplice da realizzare. Da ricordare è sicuramente il personaggio di Rodolfo Valentino, lanciato nel 1920 e divenuto la base per tutti i personaggi di questo tipo, dalla psicologia incerta.
Dal 1941/42 si cominciò a costruire un mondo chiaroscurizzato: da questo punto di vista è emblematico il film La signora di Shanghai (1947), di Orson Welles, con molte scene di contrasti tra chiaro e scuro, girate anche all’esterno degli studi. Particolare attenzione merita la scena finale del film, che mostra il gioco degli specchi, tipico del thriller: la tensione si crea perché, in mezzo a tantissimi specchi che riflettono l’immagine del personaggio, non si comprende quale sia quella vera.
Da notare è che questo percorso di evoluzione di tecniche, che viene incontro al nostro registro emotivo, si verifica anche nella televisione, e che la maturità del chiaroscuro viene raggiunta negli anni ’80.
L’incontro si è concluso con molte domande poste dagli studenti, che hanno molto apprezzato sia la sua modalità di svolgimento, poiché vi era la possibilità di intervenire e di rispondere a domande poste dal professor Locatelli, sia per l’argomento: è infatti interessante per noi, che siamo nati molto tardi rispetto alla nascita di alcuni generi cinematografici importanti, conoscere quale sia la loro storia, come si siano evoluti nel tempo, ma soprattutto apprezziamo il fatto che, attraverso incontri di questo tipo, ci vengano forniti degli strumenti importanti che ci permettano di analizzare i film che vediamo, comprendere gli stili di regia, le psicologie che si nascondono dietro ai personaggi.
Per concludere, voglio riportare una frase di Alfred Hitchcock che ho letto per caso qualche tempo fa e che mi è tornata in mente nel corso dell’incontro: “Nel film gli omicidi sono sempre molto puliti. Io mostro come sia difficile e che pasticcio enorme sia uccidere un uomo”.

Alessia Badassarri

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