L’ombra del passato, Stefano Sciacca (Mimesis, 2020)

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Torino, il dopoguerra, il jazz. Siamo già intrigati. Se c’è una nota che stride è il titolo – che per gli affezionati del noir ricalca in maniera troppo evidente quello del cult L’ombra del passato (titolo originale Murder, My Sweet), film diretto da Edward Dmytryk nel 1944 e ispirato al romanzo Addio, mia amata di Raymond Chandler (1940). Ecco, se questi sono i numi tutelari di Sciacca (che già si è cimentato in due romanzi e nel saggio Prima e dopo il noir) non possiamo che sottoscrivere. Però non c’era bisogno, davvero, di usare lo stesso titolo. Così come di chiamare un personaggio Cairo (cfr. Il falcone maltese). Detto questo, il romanzo è interessante, perché rivela da un lato la passione dello scrittore per un genere da cui evidentemente è affascinato, e in questo non possiamo che sostenerlo; dall’altro, perché emergono nella sua prosa elementi originali che, quando Sciacca taglierà il cordone ombelicale con i Padri Fondatori, speriamo possa rivelarsi in tutta la sua forza. Ne elenco qualcuno: una prosa spezzata (come il jazz), con una punteggiatura vertiginosa che ricorda quella di Ilvo Diamanti, un buon equilibrio fra dialoghi e descrizioni. E poi: un investigatore privato che si chiama Artusio; il Borsalino e le sigarette Nazionali. Bene, aspettiamo il prossimo caso.

a.c.

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