Charlotte Perkins Gilman, Unpunished, trad. Luca Sartori, Delitto senza castigo, Le Lettere, Firenze 2023.
Questo romanzo è davvero un ibrido tra il romanzo sensazionale e il Whodunit Golden Age. Molto interessante… Ci sono un sacco di trovate. E poi c’è questo finale moooolto teatrale e molto Golden Age, con l’elemento dell’illusionismo, che viene utilizzato con l’intento non di uccidere ma di punire attraverso il rimorso, ed ecco che il risultato è il colpo apoplettico, secondo una logica in qualche modo provvidenziale. Chiaramente l’idea della maschera ricostruita a partire dal calco del volto della sorella morta è piuttosto artificiosa, come si addice a certi libri Golden Age (penso a The Hollow Man di John Dickson Carr per esempio!). E poi c’è tutto l’uso dello spazio domestico con il tema dello eavesdropping. La traduzione poi è scorrevolissima e si legge proprio volentieri. Ed è vero che c’è un crescendo e un passaggio dalla vena da commedia iniziale (che è forse l’elemento meno riuscito del libro) a una pressione psicologica che sempre più si esperisce dall’interno (il Diario in questo è fondamentale, e mi sembra costituire la vera soglia che segna il cambio di registro) e con un senso di profondo fastidio e turbamento. È chiara la componente ideologica e militante del testo (in relazione ai saggi e all’esperienza di vita di Gilman) e direi che nella seconda metà il pregiudizio patriarcale dell’obbedienza al pater familias assume davvero una sua forza oscura contro cui l’atteggiamento del lettore si fa di ribellione dirompente.
Maurizio Ascari