Torna dopo Il cerchio dell’odio e Occhio per occhio (Marsilio) l’’investigatore Raul Marcobi nel nuovo romanzo di Massimo Galluppi, Il caso Epstein (Colonnese editore 2019), che si muove fra assessorati alla sanità e la sinistra napoletana.
Come scrive Gian Luca Spera nell’Introduzione, le pagine sono link che ci portano a Malraux, Shakespeare, il blues…
Insomma, abbiamo tra le mani un romanzo che apre finestre, che rivela mondi, che non si chiude mai sulla contemplazione di una formula reiterata. E, come i noir migliori, si rivela un prezioso strumento di analisi politica e anche storica.
Lo stile, poi, è a tratti un suggestivo omaggio ai grandi Maestri dell’hard boiled: “Aveva caldo, si sentiva soffocare. Andò ad aprire la finestra del soggiorno e guardò giù nella strada vuota. Era una notte buia, senza luna e senza stelle” – e qui ammicca forse a Stephen King – “Buia come la sua anima. Lasciò la finestra aperta e tornò a stendersi sul divano. Scivolò poco a poco nel sonno, lentamente, con la consapevolezza che si sarebbe risvegliato di lì a qualche ora. Solo e disperato, come ogni notte.” Che classe.
La trama ci porta nell’abisso di una crisi culturale e multiculturale, in un labirinto di indizi che coinvolgono antisemitismo e islamofobia, le sedi dei giornali e le stazioni di polizia, il pubblico e il privato.
Galluppi, già professore all’Orientale di Napoli, conosce bene l’arte del dialogo, adotta la giusta misura nelle descrizioni, e ci offre la magia di una suspense lungamente differita.
a.c.