Ho scoperto “Caldo Amaro” per caso e l’ho letto attirato dal fatto che è ambientato a Pesaro, la città in cui sono nato e cresciuto. Ero curioso soprattutto di vedere che effetto mi avrebbe fatto riconoscere le strade e i luoghi della mia città tra le pagine di un romanzo, inoltre, volevo scoprire in che modo, nella mia città (uno dei tanti proverbiali piccoli centri di provincia in cui “non succede mai niente”) la trama di un romanzo giallo avrebbe potuto nascere e dipanarsi.
“Caldo Amaro” risponde a queste domande in maniera eccellente, accompagnando i lettori in luoghi che i pesaresi conoscono bene e descrivendo in maniera fedele quello che, secondo me, è lo spirito della città e dei suoi abitanti. Nei personaggi di Sara Ferri ho infatti riconosciuto molto bene il carattere, la mentalità e i modi di fare dei miei concittadini, ritrovando tante piccole sfumature che chi abita da queste parti (me compreso), nel bene o nel male, si porta dentro.
Tuttavia, queste sensazioni passano gradualmente in secondo piano e questo genere di dettagli viene sapientemente sfumato per dare più spazio spazio a una storia avvincente e ai personaggi che la vivono.
Facciamo così la conoscenza di Noelia Basetti, ventotto anni, biologa, che si trova coinvolta nelle indagini sull’omicidio di una ex-compagna di classe quando il laboratorio di analisi per cui lavora viene scelto dalle autorità per i rilevamenti. A causa dei suoi legami con la vittima, per Noelia la ricerca dell’assassino diventerà ben presto una questione personale, come anche un’occasione per affrontare un passato scomodo, segnato da tanti problemi lasciati in sospeso troppo in fretta.
Il canovaccio, direi allora, è un vero e proprio classico: la protagonista affronta una serie di peripezie in uno spinoso percorso di evolutivo che la porterà a cambiare sé stessa e il proprio presente. Mettiamoci anche il fatto che si tratta di un personaggio un po’ “antipatico”, di quelli con cui, almeno all’inizio, non è semplice familiarizzare, e il gioco è fatto.
Dove sta allora il bello? Dov’è la forza di questo romanzo?
Secondo me il bello sta nel fatto che la narrazione ha un buon ritmo e riesce a coinvolgere il lettore (pesarese o meno) fin da subito. Praticamente, non ci sono tempi morti. I personaggi sono sempre in movimento e trasmettono concretamente la sensazione che in questa caccia all’uomo non ci sia davvero un minuto da perdere. Dunque, i protagonisti agiscono, si sporcano le mani senza tanti problemi e giocano a un gioco pericoloso, con tutte le conseguenze del caso.
Ho parlato di una protagonista “antipatica”. In effetti, personalmente, credo proprio che farei fatica ad avere a che fare con Noelia Basetti se la frequentassi, tuttavia mi è piaciuta perché la sua non è un’antipatia banale o portata all’eccesso: non si tratta di uno di quei personaggi ruvidi, scontrosi o esplicitamente sgradevoli che sono tanto popolari ultimamente, né nasconde qualità eccezionali o chissà quali problemi che, in qualche modo, ci porterebbero a giustificare il suo modo di essere. Semplicemente, come tanti, è figlia di una vita normale (con i suoi alti e bassi) che l’ha portata a essere quello che è e vive una situazione di cui, come tanti, non è soddisfatta ma che fa fatica a cambiare.
Essendo più o meno un suo coetaneo e vivendo nel suo stesso ambiente, posso dire però che in un certo qual modo la capisco perché ho vissuto e vivo in prima persona, tutti i santi giorni, tanti dei suoi dilemmi personali. Questo la rende, secondo me, un personaggio “vivo” che funziona piuttosto bene. Ci sarebbe da dire che, per contro, i comprimari sono un po’ più bidimensionali e vivono piuttosto di luce riflessa, ma penso che, alla fin fine, facciano decorosamente il loro mestiere.
Tirando le somme, quindi, direi che si tratta di un romanzo avvincente, ben scritto e gestito col giusto equilibrio, che va dritto al sodo nei tempi giusti senza lasciare niente per strada. Da provare senza ombra di dubbio.
Tra l’altro, di recente è uscito il nuovo lavoro di Sara Ferri, “Dimentica la notte” (Alter Ego, 2018) e sinceramente non vedo l’ora di scoprirlo.
Giovanni Ballarin