L’abisso invoca l’abisso è una storia scritta da Michele Bartolucci, violinista nonché bibliotecario dell’Università di Lingue a Urbino. La passione per la cultura, l’arte e la sua bella città sono state sicuramente le ragioni che hanno portato ad inscenare un delitto nella sua bella cittadina. La realtà urbinate è ritratta in un rapporto dicotomico tra il suo periodo rinascimentale e il chiacchiericcio di cittadina universitaria nel XXI secolo. Per gli amanti della città di Urbino sarà un piacere ripercorrere con l’immaginazione le stradine di ciottoli e le salite che portano alla Casa Natale di Raffaello, a Palazzo Baldani o alla Piazza. Per coloro che non l’hanno visitata, può essere uno stimolo a saperne di più su questa piccola società culturale. In questo racconto, Urbino viene ritratta quasi come uno spirito incombente, un guardiano che gelosamente custodisce tutti i vizi e i peccati di un giovane e bislacco “Duchino”. Giulia, una studentessa di storia dell’arte, nello svolgere una tesina si trasformerà in una detective improvvisata venendo a contatto con antichi archivi, preziosi reperti e lettere dallo stampo ducale. Assieme a Giulia, il filo conduttore della storia diventa un quadro raffigurante una misteriosa donna bellissima, Argentina. La scelta del nome rimanda alla donna carismatica e affascinate che “lanciò dardi d’amore”, divenendo oggetto del suo stesso peccato. Il quadro della donna riprende vita davanti Giulia, ripetendo inesorabile la profezia: “Abyssus abyssum invocat”. Alla fine del testo si rimane affascinati dalla quantità di informazioni condensate in appena 50 pagine di narrazione, che svelano al lettore gli intrighi sepolti sotto la stessa città. Personalmente, da studentessa e appassionata di storia dell’arte, ho apprezzato tutto il panneggio della storia che diventa un compendio tra scuola baroccesca, la coppia innamorata dei due giovani studenti e gli intrighi a Palazzo Ducale.
Daniela Cellini
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