OttO di Michela Monti (Triskell 2020) non è solo, come riportato in copertina, “la conclusione di una saga appassionante”; è anche e soprattutto un romanzo tenero e feroce sul post-umano, sulla responsabilità, sulla disabilità vera o presunta che percepiamo come a-nomalia, a-normalità, dis-umanità. La protagonista che si risveglia dopo un lungo coma rientra nella tradizione utopica/distopica del ritorno alla vita di veglia dopo un’esperienza straordinaria, e straordinario è il plot che ci attende, indipendentemente dai due romanzi precedenti. Succede una cosa curiosa – ho provato a rileggere i due volumi precedenti, 83500 (2012) e M.T.V.M. (2019), e mi sono resa conto che la trilogia funziona anche così – giuro, provare per credere. Quindi: un volume di cui non si può fare a meno se avete già letto gli altri due, ma anche da cui si può agevolmente iniziare la saga, continuando poi con gli altri due. La storia si rigira infatti su se stessa a spirale, avvolgendo il lettore fra le sue spire e facendoci compiere ogni sorta di acrobazia, in un continuo altalenare di fughe, prigionia, disgregazione e ricomposizione. Uno studio, in definitiva, sul nostro presente, su quello che forse ci aspetta, con un risvolto poetico e crudele insieme sulla maternità, sul femminile, sull’amore, sul pregiudizio e sull’amicizia. Tutto in salsa noir, noirissima. (a.c.)