LUOGHI COMUNI CHE FANNO PROVINCIA

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Il racconto vincitore ex-aequo del I Concorso Letterario Frascari (Liceo Copernico, Bologna, maggio 2014).

di Giorgio Franceschelli

Finalmente un po’ di riposo. Qui, immobile, al caldo sotto una coperta decido di non far niente e che il mondo, la vita, venga a me. Mi sembra che la mia nascita e poi la mia crescita siano state troppo veloci, troppo rapide… e cosa mi è rimasto ora? Cosa sono adesso se non il mero prodotto di una catena di montaggio quale è stato il mio sviluppo? Ora mi sento inutile, e ho solo voglia di qualcosa di nuovo; ho voglia di ascoltare, di osservare.

Finalmente qualcuno si accorge di me.

Mi lancia un’occhiata fredda, quasi indifferente, e poi guarda l’orologio. So già a cosa sta pensando colei che mi ha messa al mondo. “Sempre lì a poltrire”: lo vedo che pensa sempre così, come fanno tutti i genitori. Ma perché noi non meritiamo mai il riposo? Perché devono sempre pensare che siamo degli sfaticati? E’ un cliché che proprio non concepisco: se loro si riposano è perché se lo meritano dopo una giornata faticosa, ma se lo facciamo noi passiamo per sfaccendati. Un giorno inizierò a dirle quello che penso; ma ora arrabbiarsi è una fatica superflua, ho due ore di riposo e voglio, devo godermele.

Per lo meno una cosa giusta mia madre la fa: accende la televisione, apre l’armadietto dei DVD, infila la mano e prende un film: il classico thriller trito e ritrito. Di male in peggio… Però non mi va di muovere critiche, meglio starsene qui comodi e sperare che questo film possa valere qualcosa di meglio delle due stelline in stile horror moderno.

Niente da fare: dopo dieci minuti siamo già alla solita ragazza mezza nuda (film rigorosamente ambientato in inverno, com’è ovvio che sia) che sente un rumore nello scantinato. Vorrebbe scappare, ma incredibilmente salta la luce, e ancor più incredibilmente il generatore è… nello scantinato! Trovata assolutamente geniale e innovativa, eh? La ragazza scende le scale con la candela in mano, apre lentamente la porta… ed ecco che si affaccia subito il solito, classico vampiro. Ma io mi chiedo: inventarsi qualcosa di nuovo, ogni tanto? Usare la propria testa? Non si poteva mettere una bella festa a sorpresa? Non si poteva mettere una lavatrice rotta? Non si poteva mettere la madre che tradisce il padre, il padre che tradisce la madre con l’amante della madre, quattro cani che giocano a poker?!

Fortuna che anche lei, mia madre, si è accorta che questo film è un flop clamoroso, così prende su, spegne tutto e se ne va. Dove non si sa, ma se ne va, sbattendo anche l’uscio di casa (tranquilli, era troppo vestita per andare nello scantinato a vedere se c’era un bel vampiro).

Nel mentre torna a casa Giacomo, il teenager di casa. Non è solo, c’è anche la sua fidanzata, ma non mi sembrano per niente contenti. Prendono due sedie e iniziano a parlare e parlare.

“Mi dispiace Francesca ma non capisco cosa stia succedendo… è colpa mia, non è colpa tua, sono io che sono cambiato… forse non siamo fatti per stare insieme, tu meriti qualcuno migliore… Non sono abbastanza per te e ne soffro, non ce la faccio più ad andare avanti…” Si, come no. Che tristezza i ragazzi che si rifugiano dietro a queste frasi fatte, questi luoghi comuni; non so come questa Francesca possa non prenderlo a schiaffi, possa non urlargli di tutto. Invece che dirle semplicemente “E’ stato bellissimo ma non ti amo più, mi dispiace, ma così non ha senso andare avanti”, bisogna dirle cose senza senso, tanto per fare.

Singhiozzi, lacrime.

Bravo Giacomo, sei riuscito a farla piangere, complimenti. Ma, Francesca, è così difficile una ginocchiata nello stomaco (per non dire di peggio)? E giù con altre frasi fatte (“dai non fare così, ti rovina quel bel faccino”), altre lacrime e finalmente un bello schiaffo. Brava Francesca. Ora si avvicina alla porta di casa, urla un “Addio stronzo” e sbatte la porta.

Giacomo se lo è meritato. Ma, diciamocelo, anche Francesca è poi una bella attrice: con tutte le corna che gli ha fatto, nessuno sarebbe riuscito a rendere così credibile questa sceneggiata. Morale della favola: ragazzo tradito, frasi fatte, brava attrice, ora lei è libera per chiunque e lui ha la faccia gonfia.

Bene, ora si prende anche il gelato. Ma dai, ragazzi, il gelato non è la risposta a tutti i problemi!!! Non è affogandoti nel gelato che dimentichi di essere stato cornuto e mazziato…

Fortuna che è arrivato il grande “padre di famiglia”. Ci penserà indubbiamente lui. E invece, come arriva a casa, neanche si accorge della sua presenza. Finalmente, dopo dieci minuti spesi a leggere il giornale, pensa bene di andare a vedere come sta suo figlio, che piagnucola da talmente tanto da aver finito tutto il gelato.

“Che è successo, figliolo?”

“Ho lasciato Francesca…”

“Beh, ragazzo, hai fatto la cosa giusta, non ti meritava…”

“Però io ora ci sto malissimo…”

“Tranquillo, morto un papa se ne fa un altro!”

“Non potrò mai amare un’altra…”

“Ma cosa dici! Vedrai che te ne trovi subito un’altra, sei un bel ragazzo!”

“Ma io voglio lei, non voglio un’altra…”

“Dai, cerca di non pensarci e di dimenticarla! Per te è meglio così.”

Basta, smetto di ascoltare. Non ne posso più, sembra un dialogo fra applicazioni Siri… Regalatemi un IPod, fate qualcosa, non ce la faccio più a sentire banalità e luoghi comuni !!!

Adesso riaccendono la TV, ovviamente c’è il telegiornale.

Stupratore seriale.

Cinque vittime.

Nessuno ha visto niente e le vittime non ricordano nulla: uomo sul metro e ottanta, moro, sui trenta. Non sanno dire altro. Eh beh, che si aspettavano, che sapessero che piatto di pasta ha mangiato l’ultimo giorno di terza media?

Sospetti: extracomunitari. Come sempre. Gli italiani sono tutti santarellini, non fanno niente, è per questo che ci prendono in giro all’estero. Come no. Se succede qualcosa di brutto, sono sempre loro. Poi, per carità, ogni tanto sono loro, eh, ma tutte le volte che non centrano nulla bisogna infangarli lo stesso…

“Ma li mandassero fuori da questo paese! Li facciano a casa loro gli stupri, gli omicidi e i furti!”

Ecco mio padre, il tipico italiano medio, che si accanisce contro tutto ciò che passa la televisione, che passa l’informazione. Non gli rispondo neanche, so che è una battaglia persa, per lui chi non è italiano è inferiore. Che tristezza.

Chiave nella toppa, porta che si apre, è tornata pure la madre. Faccia sconvolta, pelle d’oca, sembra che abbia visto un fantasma!

“Amore mio, che è successo?”

“Ho investito… ho investito…”

“Hai investito…? Un bambino che giocava per strada, un anziano che ha attraversato senza guardare..?”

“Ho investito… UN GATTO NERO!!!”

“No, non anche questa! Ci stiamo rovinando la vita! Non ho mai vissuto delle giornate così dolorose…”

“Come?! Che altro è successo ancora?”

“Cos’è successo… cos’è successo… Tutto è successo!!!”

“Come tutto… spiegami…”

“Ti ricordi che ieri ti dicevo della tassa abolita? Bene… non faccio in tempo a uscire di casa che sento che è già stata messa un’altra tassa… Cambia il nome ma non cambia la sostanza…”

“Ciò che noi chiamiamo con il nome rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, avrebbe pur sempre lo stesso dolce profumo”

“Ma non dovevano abolire le province e risparmiare i soldi di quella tassa? Ma pensa te se i comuni devono fare provincia…”

“Ma che c’entra… fanno tutto solo per illuderci, alla fine puntano solo al nostro conto in banca!”

“E non è finita qui! Come torno a casa trovo il nostro caro figliuolo a piangere e mangiare gelato…”

“Non dirmi che si è lasciato con Francesca!”

“E invece te lo devo dire… Ci sta malissimo ora…”

“Nooo… mi ero affezionata a Francesca!”

“Ma come ti eri affezionata, che tutta la città sapeva che gli faceva le corna!”

“Si ma era una così brava ragazza, così educata…”

“L’apparenza inganna! Poi adesso al TG hanno detto che c’è uno stupratore seriale…”

“Il solito straniero eh?”

“Ovviamente! Giornata nerissima, e ora tu mi dici di aver tirato sotto un gatto nero? Allora non è ancora finita…”

“Mamma mia, mamma mia… Mi sento male… Mi sembra impossibile che stia andando tutto storto…”

“Dai, ti vado a cercare qualcosa per calmarti! Torno subito amore”

Così il premuroso marito esce di scena. Mi fa tristezza vedere colei che mi ha dato la vita stare così male per banalità del genere! Spero non stia troppo male…

Per fortuna si è già rialzata.

“Un po’ di cioccolata mi tirerà su!” Eccone un altro, di luogo comune. La cioccolata non ti dà il buon umore! Può farti sentire meglio, sì, ma solo quei venti secondi in cui la mangi; quand’è finita, stai di nuovo come prima. Ma chiaramente, se può pensarla come tutta l’umanità, non si permette di non farlo.

Cosa fa? Invece di andare verso il frigo, apre un cassetto.

Tira fuori un coltello.

Ma non un coltello con la lama rotonda, per spalmare la Nutella. Un coltellaccio, quasi da macellaio.

Lo guarda luccicare, lo muove e per un istante vedo il riflesso del suo volto sulla lama.

Uno sguardo agghiacciante. Un ghigno malefico. Non l’avevo mai vista così, sembra assatanata.

Si avvicina lentamente verso di me, brandendo il coltello in mano.

Che cosa vuol fare?! Perché sta venendo verso di me?

Si è fermata davanti a me.

Alza il braccio, con il coltello in alto.

Non dice niente, ma non importa; lo fanno i suoi occhi. Occhi aggressivi.

Ho paura.

Per la prima volta, ho paura.

Mi sembra che il tempo rallenti, che un istante stia durando un minuto.

E invece è sempre un istante.

Solleva la coperta. Mi tocca la pelle. Sembra soddisfatta. Io ho un brivido freddo.

Inizia ad abbassare il braccio.

Cosa fai?! Non vorrai uccidermi?!? No mamma perché?!? Non farlo, nooooooo.

Ma io non ho voce per gridare. Non ho piedi per scappare.

Si è portata via una parte di me.

La migliore. Quella glassata.

 

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